arcVision 11 – Luoghi e non-luoghi

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Un’Europa allargata, fondata sull’economia dell’innovazione e della conoscenza. L’architettura è  chiamata a progettare i “luoghi” storici, fissati dalla tradizione, e i “non-luoghi” emergenti dalla crisi della modernità.

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Grande Europa, luoghi e non-luoghi

L’Europa diventa maggiorenne e l’allargamento dei confini ad altri dieci paesi membri apre nuovi orizzonti all’Unione, non solo sotto l’aspetto politico ed economico ma anche culturale e sociale.
Il dibattito sull’allargamento e sull’eventuale necessità di rivedere i limiti stringenti del Patto di Stabilità ha concentrato l’attenzione sui temi economici della Nuova Europa che da 15 paesi si è allargata a 25. “Un fatto epocale sul nostro cammino” sottolinea nell’intervento su arcVision il Presidente della Commissione Romano Prodi. Una nuova epoca si apre dunque negli spazi della Vecchia Europa che all’alba del terzo millennio cerca di recuperare il suo ruolo di centro motore per lo sviluppo mondiale. E che compie un ulteriore balzo nel tentativo di trovare un comune denominatore culturale per la nuova realtà geopolitica, ancora troppo giovane per poter dire di aver raggiunto un suo punto di stabilità.
Un mutamento sociale a livello continentale che deve fare i conti con universi culturali più ampi, con spazi che si dilatano e che diventano patrimonio comune di una popolazione e di un territorio che si ampliano – rispetto all’Europa dei Quindici – rispettivamente del 20 e del 23%. E in questo scenario anche il tema dei “luoghi e non-luoghi” a cui è dedicata la sezione Projects di questo numero diventa ancora più significativo, come rimarca Maurizio Vitta. “Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico – sostiene Marc Augé – uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico, definirà un non-luogo”. E nella nuova Europa nuovi luoghi/non-luoghi saranno per Augé “tanto le installazioni necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni quanto i mezzi di trasporto stessi o i grandi centri commerciali”. E uno dei primi luoghi destinati a rappresentare la nuova comunità di popoli diversi è il Palazzo del Parlamento Europeo di Strasburgo, progettato con una logica di architettura centripeta in grado di rappresentare l’attrazione di tutti i paesi dell’Unione.
Sicuramente anche in questa sede proseguirà il dibattito sulla necessità o meno di mantenere regole definite e non interpretabili per lo sviluppo europeo. Per Carlo Secchi le prospettive economiche di Eurolandia, in mancanza di precisi parametri di finanza pubblica come quelli indicati dal Patto di Stabilità, sarebbero compromesse nel lungo termine perdendo il punto di riferimento fondamentale di stabilità. Una condizione intesa come una questione di stabilità interna – prerequisito per gli investimenti – più che riferita unicamente al tasso di cambio. A questa impostazione si contrappone la visione di Jean-Paul Fitoussi secondo cui bisogna avere una visione più flessibile dell’applicazione delle regole, perché in una situazione come l’attuale “non ha senso affidarsi a un pilota automatico, cioè a delle regole fisse. Paradossalmente l’Europa è la sola regione del mondo che non è governata politicamente, ma solo tecnicamente”.
Alla prova delle regole saranno comunque chiamati ora i nuovi paesi membri: per Nariman Behravesh ed Emilio Rossi i segnali in arrivo sono moderatamente positivi, anche se ci si aspetta un ulteriore impulso negli impegni di allineamento. Ancora più ottimista è l’analisi di Luigi Passamonti relativa ai nuovi partner centro europei: sono “paesi con le maniche ancora rimboccate per le trasformazioni in corso, alla ricerca di un equilibrio fra perseguimento dell’efficienza e necessità della solidarietà. È un prezioso laboratorio per sperimentare le migliori politiche per lo sviluppo dell’intera Unione in un mondo sempre più competitivo”. Ma quali sono i rapporti della giovane Europa con gli Usa, soprattutto dopo le divisioni interne emerse nella gestione degli eventi del post 11 Settembre? Secondo Sergio Romano, dopo la fine della Guerra Fredda e la scomparsa del nemico sovietico, le divergenze fra i due blocchi acquistano maggiore evidenza e i compromessi diventano sempre più difficili. Un quadro che deve spingere l’Unione a raggiungere in tempi accelerati una sua maturità politica.

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