arcVision 15 – I luoghi della conoscenza

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arcVision ha scelto i luoghi destinati alla conoscenza, di per sé perfetti emblemi della razionalità, per osservare l’allargamento dell’arena mondiale nell’era della globalizzazione.

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I luoghi della conoscenza

Il Saggio di Omaha, al secolo il finanziere Warren Buffet, ha puntato tutto, nella valutazione dei rischi per la Berkshire Hathaway, sul talento di Ajit Jain, il capo del settore assicurativo. Raghuram Rajan è il capoeconomista del Fondo monetario internazionale. E nei posti di vertice delle principali banche d’affari mondiali siedono ormai personaggi che con i primi due hanno in comune il paese d’origine: quell’India che, abbandonato il ruolo di ex colonia britannica, si impone sui mercati internazionali con operazioni come quella condotta da Lakshmi Mittal, primo produttore siderurgico mondiale, per il controllo di Arcelor o i piani di sviluppo preannunciati nel settore automobilistico da Ratan Tata.
India Everywhere è stato uno dei temi affrontati a inizio anno al World Economic Forum di Davos e la consacrazione del subcontinente indiano, che ha saputo puntare su crescita e valorizzazione del percorso di eccellenza della conoscenza, come uno dei protagonisti della crescita mondiale arriva dal recente rapporto elaborato da Merrill Lynch e Capgemini sulla ricchezza individuale: l’India – con un +19,3% – è fra i primi paesi dove più sono cresciuti gli high net worth individuals.
Se si considera che il 20% della popolazione mondiale con meno di 24 anni è indiana e quanto il paese sta facendo nell’ambito dell’istruzione e della diffusione della conoscenza, risulta chiara la potenzialità dell’India come culla dello sviluppo della conoscenza nel mondo globalizzato.
Come sottolinea Thomas L. Friedman autore di “The World is Flat”, sono cadute molte barriere nel mondo globalizzato e il potere della mente sta sovvertendo quelli che erano i valori tipicamente legati a un contesto prettamente industriale. Il Brain Power, inteso come istruzione superiore soprattutto di matrice scientifica e tecnologica, ci sta accompagnando in una fase di transizione dove proprio l’India e la Cina stanno prendendo il sopravvento anche sugli Usa. Per i due paesi asiatici si apre un periodo in cui coniugare salari molto bassi e potere intellettuale molto elevato, una miscela potenzialmente rivoluzionaria per gli equilibri mondiali. Sarà solo il completamento della migrazione intellettuale legata al processo della conoscenza che riporterà con gli anni a una situazione di nuovo equilibrio. Se, come indica Ján Figel, commissario europeo per l’Istruzione, la Formazione, la Cultura e il Multilinguismo, la conoscenza può essere schematizzata da un triangolo i cui vertici sono: ricerca (creazione di conoscenza), istruzione (diffusione della conoscenza) e innovazione (applicazione della conoscenza), un ruolo di primo piano è svolto dalle università e dal loro rapporto con l’impresa. Un campo dove l’Europa non ha ancora raggiunto un percorso comune nella ricerca di eccellenza nonostante i progetti avviati per costituire un Istituto Europeo di Tecnologia in grado di competere su scala globale. Proprio Scienza e Tecnologia – sottolinea Saroj Kumar Poddar, presidente della Confindustria dell’India, in questo numero di arcVision – sono i principali motori dell’economia della conoscenza. E in questo senso l’India ha saputo costruire un proprio patrimonio di conoscenze appena avviato il processo di indipendenza. Una valutazione che emerge in effetti anche da una recente indagine condotta da Deloitte secondo cui la leadership nei servizi delocalizzati si rafforzerà in India grazie alla superiore offerta di laureati formati nelle discipline tecnologiche e alla diffusa padronanza dell’inglese. Il Paese, racconta Ashanka Sen, analista software per Fineco Bank, ha una struttura culturale o formativa che premia le eccellenze: a fianco dei sette istituti tecnologici (Indian Institutes of Technology) e ai sei di management (IIM) esiste un’altra ventina di centri di eccellenza per scienze, ingegneria e medicina. D’altro canto anche gli investimenti in educazione sono cresciuti fra il 1983 e il 2003, almeno nelle grandi città dal 2,1 al 6,3% delle spese pro-capite. In questo “mondo piatto” si apre quindi anche per i luoghi della conoscenza una sfida globale. E l’analisi di Roberto Verganti, direttore dell’Alta Scuola Politecnica dei Politecnici di Milano e Torino, individua proprio nelle università il campo di competizione per i talenti, soprattutto in una logica di maggiore e più proficua collaborazione con le imprese. E ai quartier generali di alcuni tra i più vivaci gruppi industriali della scena mondiale è dedicata la sezione di architettura di questo numero. Le imprese transnazionali, impegnate a crescere in competitività attraverso strategie di espansione e riduzione dei costi ma anche attività di conoscenza altamente intensiva come la ricerca e sviluppo, riservano ai propri luoghi del sapere un’attenzione nuova che è conferma di questo impegno. Non più solo meri laboratori produttivi, le nuove architetture industriali si impongono come strutture ad alta complessità connotate da forme e funzioni in grado di dar vita a nuove città della conoscenza. In questi luoghi, perfetti emblemi della razionalità, si assiste allora a un sapiente connubio di forma e funzione, a una delicata corrispondenza tra significante e significato.

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