arcVision 23 – Risorse

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Verso un futuro di trasformazione globale delle fonti energetiche: una riflessione sul possibile esaurimento delle risorse non rinnovabili e le eventuali soluzioni.

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Nella Natura e tra gli Uomini

Esaurimento delle risorse non rinnovabili come petrolio, carbone e gas naturali. Sfruttamento eccessivo e miope di risorse naturali rinnovabili come foreste, acqua, aria, suolo. Sovrappopolazione. Riscaldamento globale ed emissioni di CO2. L’impatto dell’uomo sulla natura è andato progressivamente aumentando negli ultimi secoli, estendendosi su scala globale negli ultimi trent’anni. Il metabolismo socioeconomico, inteso come sistema di flussi di materia ed energia legati alla realizzazione di beni e servizi ha superato i limiti fisici del pianeta. Parlando di materia ed energia viene però fatto di pensare a quel primo principio della termodinamica fondato su due postulati fondamentali secondo i quali:
• L’energia non si genera (ΔEG = 0).
• L’energia non si distrugge (ΔED = 0).
L’energia-massa non può essere né creata né distrutta, può trasformarsi da una forma a un’altra, può trasferirsi da un corpo a un altro, può essere accumulata o liberata, ma si mantiene costante: la quantità è sempre la stessa, è la qualità che cambia.
Esaminando il sistema Terra, osserviamo che l’energia è per la maggior parte di origine solare, i processi sono ciclici e i materiali vengono continuamente rinnovati. Se dunque la logica produttiva sul nostro pianeta è basata su una permanente trasformazione, allora potremmo sperare in un futuro di “riciclo globale”, in cui l’uomo sarà in grado di trasformare in energia non solo le ricchezze offertegli dalla natura, ma anche ciò che egli stesso avrà prodotto convertendo le proprie risorse antropiche in un ciclo di vita continuo. Questo significa però riporre fiducia nel potere della scienza e del progresso tecnologico ritenendoli in grado di preservare l’ambiente naturale. Sulla base di tale ipotesi dovremmo forse chiederci se c’è qualche limite “naturale” all’azione umana.
Fin dall’antichità l’uomo ha modificato l’ambiente per creare le condizioni della propria sopravvivenza e del proprio benessere e, nei secoli, il progresso gli ha fornito strumenti sempre più efficaci e potenti per adattare la natura ai propri bisogni. L’evoluzione del nostro pianeta è però caratterizzata dalla capacità di sopportare cambiamenti a volte anche devastanti, di origine artificiale o naturale, ripristinando nel tempo i propri equilibri ecologici. E gli uomini, pur con i loro grandi talenti, non sono in grado di modificare questa regola fondamentale dell’equilibrio ambientale: possono solo usare la loro razionalità per indirizzare le proprie azioni verso un rispetto più saggio del regolamento della natura. Intorno al concetto di “saggezza” nasce e si sviluppa la nuova disciplina della filosofia ambientale intesa come lo studio delle relazioni morali degli esseri umani con l’ambiente e i suoi contenuti non umani.
Le diverse e molteplici posizioni filosofiche ambientali vengono spesso semplificate in due principali categorie intellettuali: una “antropocentrica” o “centrata sull’uomo” e un’altra “biocentrica” o “centrata sulla vita”.
Senza volerci addentrare nelle anse del dibattito filosofico su uguaglianza/disuguaglianza di valore intrinseco tra ambiente antropico e naturale, l’uomo, e la mente umana, rappresentano per certo la struttura biologica più complessa presente sulla Terra. L’uomo non sarà in grado di rispettare l’ambiente finché non imparerà a rispettare se stesso e l’intera umanità, ovvero a pensare se stesso all’interno del sistema-mondo e a ricordare che il suo “primato” risiede nella sua responsabilità verso gli altri esseri, viventi e non, così come verso il bene delle generazioni future.

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