Quest’anno l’AAP – The American Architecture Prize vede in giuria gli architetti Jennifer Siegal, Carla Juaçaba (vincitrici dell’arcVision Prize 2016 e 2013) e Špela Videcnik (nominee nel 2016). Sempre una nominata arcVision Prize – Emmanuelle Moureaux – (nominees arcVision Prize nel 2015) è stata tra i progettisti vincitori della scorsa edizione dell’AAP.
L’AAP American Architecture Prize, si propone di premiare tre principali categorie: l’architettura, l’interior design e l’architettura del paesaggio, con l’obiettivo di sensibilizzare e promuovere una progettazione architettonica di qualità a livello globale, nei differenti ambiti.
Ogni progetto presentato viene valutato, da una rinomata giuria AAP, per i propri meriti sulla base di forma, funzione, e innovazione in architettura.
Parte della giuria è composta da importanti donne del mondo dell’architettura, tra cui Jennifer Siegal, vincitrice dell’arcVision Prize – Women and architecture 2016, con Špela Videcnik, tra le nominees dello stesso anno e Carla Juaçaba, vincitrice della prima edizione del arcVision Prize nel 2013.
Emmanuelle Moureaux dello studio Architecture + Design (candidata arcVision Prize 2015) è tra i vincitori dello scorso AAP – American Architecture Prize 2016.
Jennifer Siegal
« Innovare e pensare in maniera anticonformistica fa parte del mio DNA. La mia opera e la mia attività di ricerca ne sono una dimostrazione. Attraverso di esse io metto in discussione tutto, in particolar modo l’architettura statica, pesante e poco flessibile che in qualche modo ancora ci aspettiamo, pur in un mondo che è divenuto tutt’altro.
Nel 1998 ho denominato il mio studio Office of Mobile Design, alludendo alla mia ossessione per la transitorietà. Esso si dedica al progetto di strutture portabili, smontabili, ricollocabili altrove, da case a scuole a negozi. Ma esplora anche l’universo della prefabbricazione, sfruttando i processi industriali per creare un’architettura più efficiente e agile.
I veicoli su ruota sono una parte importante dell’approccio progettuale dell’OMD, incline a esplorare le modalità in cui ogni ambiente urbano potrebbe essere reso più fruibile e dinamico nel momento in cui si prestasse a essere agganciato, rimorchiato, spinto o guidato da un posto all’altro.
Per me mobilità non significa cancellare tutto ciò che esiste, quanto piuttosto incrementare l’infrastruttura in una maniera più sensibile dal punto di vista ambientale – una maniera più intelligente di abitare il paesaggio –, che si poggi a terra con leggerezza.
Il mio studio si è guadagnato una buona reputazione non solo per l’attività di ricerca sul campo, ma anche per aver ripensato approcci radicali già esistenti. La mia architettura non è una mera ‘allusione a un passato fantastico’, come quello visionario delineato da Archigram, Metabolists e Ant Farm. L’utilizzo del vernacolo industriale esistente per creare il nuovo è un elemento chiave del lavoro di OMD. »
Progetti
Biografia
Manhattan, NY (USA), 11 dicembre 1965
Jennifer Siegal vincitrice dell’arcVision Prize – Women and architecture 2016, è celebre per la sua creazione della casa mobile del XX secolo. È fondatrice e titolare dello studio Office of Mobile Design (OMD), con sede a Los Angeles, dedicato al progetto a alla realizzazione di strutture dinamiche e in armonia con l’ambiente, basate su un’architettura portabile e prefabbricata.
Ha ottenuto il Master presso la SCI-Arc, nel 1994, e nel 2003 è stata Loeb Fellow presso la Harvard’s Graduate School of Design, dove ha avuto modo di sperimentare l’impiego di materiali intelligenti, cinetici e leggeri. Nel 1997 ha lavorato per la Chinati Foundation, e nel 2004 è stata Fellow presso la MacDowell Colony nella sua città natale, Peterborough, New Hampshire. È stata Inaugural Fellow presso il Julius Shulman Institute della Woodbury University. Attualmente è Adjunct Associate Professor presso la USC.
È curatrice dei volumi Mobile: the Art of Portable Architecture (2002), e More Mobile: Portable Architecture for Today (2008). È stata fondatrice e curatrice della serie Materials Monthly (2005-6), pubblicata da Princeton Architectural Press. Una monografia a lei dedicata è stata pubblicata nel 2005. Leggi di più
Carla Juaçaba
« Carla Juaçaba si sottrae alla pesante influenza del modernismo storico per elaborare forme d’intervento e di costruzione più vicine alla natura provvisoria ed effimera del reale contesto brasiliano.
Il suo intervento più spettacolare in questa direzione di ricerca, il padiglione Umanidade 2012 per Rio Mas 20 (la conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile) è stato progettato e realizzato insieme ad un’artista – Bia Lessa – che anche è l’autrice del concept progettuale.
La costruzione, temporanea, assume un valore ancora più simbolico se si considera che Rio Mas 20 è stato un importante momento per un bilancio globale di quanto viene/non viene fatto per salvare il Pianeta dal disastro ambientale.
Non vi è sostenibilità migliore – sembrano dichiarare Juacaba e Lessa – di quella ottenuta con costruzioni a basso costo, velocemente smontabili e continuamente riciclabili, come i tubi per impalcature che formano il padiglione, lungo 170 metri e alto 20. »
Progetti
Biografia
Carla Juaçaba è la vincitrice della prima edizione dell’arcVision Prize – Women and architecture nel 2013. Nata nel 1976, dal 2000 ha sviluppato il proprio studio indipendente di architettura e ricerca di Rio de Janeiro in Brasile. Il suo ufficio è impegnato in progetti pubblici e privati, relativi a programmi abitativi e culturali.
Da studentessa universitaria ha collaborato con l’architetto Gisela Magalhães della generazione di Niemeyer, prevalentemente nell’area delle esposizioni relative alle arti indigene e ai musei storici brasiliani. Nei primi anni dopo il college (2000) ha collaborato con l’architetto Mario Fraga a un progetto chiamato “Casa Atelier”, a cui è seguita una serie di progetti come la “Casa Rio Bonito” (2005), la “Casa Varanda”(2007), la “Casa Minimum” (2008),“Casa Santa Teresa” nella fase finale (2012), e alcuni progetti espositivi.
Tra le sue opere più importanti vi sono il padiglione effimero concepito con la scenografa e regista teatrale Bia Lessa, “Humanidade 2012” per Rio+20, l’incontro internazionale svoltosi a Rio de Janeiro, e anche abitazioni alla periferia di Rio.
Carla Juaçaba fa parte del mondo accademico e dell’insegnamento, svolge progetti di ricerca, tiene lezioni, (Harvard GSD; University of Toronto – Daniels; Columbia GSAPP; UF University of Florida; Escola da Cidade-SP; Woodburry University; Latitudes-University of Texas at Austin) partecipa a biennali ed esposizioni: ha fatto parte della giuria alla BIAU Bienal Ibero Americana di Madrid (2012). La sua opera si concentra su una questione intrinseca della disciplina: la poetica della tettonica e il suo potenziale espressivo. Leggi di più
Špela Videčnik
« I progetti dello studio OFIS prendono sempre le mosse dalla ricerca di un tema di fondo, sia esso legato al programma costruttivo, al luogo o alla committenza. L’approccio compositivo degli architetti dello studio OFIS non punta a superare, ignorare o disattendere le regole e i limiti del progetto.
Al contrario, essi vi si immergono completamente, attenendosi alla ‘norma’ in maniera letterale, parola per parola se necessario, talvolta addirittura esasperandola. Le restrizioni divengono opportunità per l’elaborazione di un metodo compositivo.
Ogni progetto assume così un carattere sovversivo, capace di trasformare i limiti in strumenti operativi e mettere in luce, in tal modo, tutte le differenti possibilità. Quella che per l’architettura era una camicia di forza diviene d’improvviso uno splendido abito. »
Progetti
Biografia
Lubiana (SLOVENIA), 18 marzo 1971
Špela Videčnik (OFIS Architects) è tra le nominees dell’arcVision Prize – Women and Architecture nel 2016. OFIS arhitekti è uno studio d’architettura fondato nel 1996 da Rok Oman (1970) e Špela Videčnik (1971), entrambi laureati presso la Ljubljana School of Architecture (ottobre 1998) e la London’s Architectural Association (Master, gennaio 2000). Dalla sua apertura, lo studio ha ricevuto diversi prestigiosi riconoscimenti ed è stato invitato a partecipare alle biennali d’architettura di Venezia e Pechino.
OFIS opera a livello internazionale, partecipando a concorsi e conferenze in giro per il mondo. A seguito della vittoria del concorso nel 2008, lo studio ha completato a Parigi la realizzazione di una residenza per studenti composta da 185 unità abitative. A questo ha fatto seguito il suo secondo maggiore impegno all’estero: il Football Stadium di Borisov, in Bielorussia, inaugurato nel 2013.
Il team, di estrazione internazionale, lavora nelle sedi di Lubiana e Parigi, con partners anche a Londra e Mosca. OFIS ha iniziato la sua avventura professionale negli anni Novanta, un momento di straordinari stimoli ma anche di grandi difficoltà per le repubbliche dell’ex Jugoslavia, che in quegli anni vivevano una fase di profonda rielaborazione identitaria e totale reinvenzione.
Questa situazione ha implicato il brusco ridimensionamento, o addirittura il fallimento, dei maggiori studi di architettura, con la conseguente creazione di un vuoto che ha consentito ai giovani architetti, sia riuniti in team che singolarmente, di partecipare con successo ai concorsi. In questo contesto OFIS è riuscito a impressionare favorevolmente le giurie grazie a idee originali e concetti chiari.
Negli ultimi quindici anni lo studio ha lavorato con committenti nazionali e internazionali, provenienti dal settore privato, commerciale e pubblico, ciascuno con programmi, budget e problemi specifici. È in questo periodo che OFIS ha sviluppato l’approccio strategico che caratterizza il proprio lavoro e gli consente di distinguersi. Leggi di più
Emmanuelle Moureaux
« Nel 1995, quando ero una studentessa di architettura, una visita a Tokyo mi ha fatto appassionare ai colori. In questa città, con il suo numero impressionante di insegne di negozi, cavi elettrici e frammenti di cielo tra gli edifici, il flusso dei colori costruiva una profondità complessa, creando degli strati tridimensionali.
Ho provato moltissime emozioni guardando questi colori e ho deciso di vivere qui, quindi una volta ottenuta la laurea francese in Architettura nel 1996, mi sono trasferita a Tokyo. In risposta alle esperienze dei colori e degli strati di questa città, ho sviluppato un concetto chiamato shikiri, che significa dividere (creare) spazio con i colori.
Uso i colori come elementi tridimensionali, come strati, per creare spazi, non come semplici finiture applicate alle superfici. Questa città piena di vita fornisce motivazioni e aggiunge emozioni ai miei progetti. Voglio condividere queste emozioni e far sì che la gente percepisca lo spazio con strati tridimensionali di colori. Shikiri dimostra che i colori negli spazi architettonici possono fornire più di un semplice spazio, uno spazio con strati supplementari di emozioni umane. »
Progetti
Biography [english version]
1971 – Bayonne, France
Among the nominees of the arcVision Prize Women and Architecture in 2015, Emmanuelle Moureaux is a French architect living in Tokyo since 1996, where she established “Emmanuelle Moureaux Architecture + Design” in 2003. Inspired by the layers and colours of Tokyo that built a complex depth and density on the streets, and the Japanese traditional spatial elements like sliding screens, she has created the concept of “shikiri”, which literally means “dividing (creating) space with colors”.
She uses colors as three-dimensional elements, like layers, in order to create spaces, not as a finishing touch applied on surfaces. She designs a wide range of projects in the fields of architecture – interior, product and art – by applying her unique technique of colour scheming, where she handles colours as a medium to compose space. In 2013, she unveiled “100 colors” in Tokyo, a space using full spectrum of colours.
This is the launch exhibition of the “100 colours” series, which she plans on exhibiting in different cities around the world. Associate Professor at Tohoku University of Art & Design since 2008, Emmanuelle’s laboratory explores the possibilities of colour through a project she named “100 colors”. Students focus on creating 100 colors palette of an item from their everyday life, such as glasses, bubble foam, rice, sea creatures, umbrella, watches, CD, chocolate block and so on. Read more