arcVision 31 – DIGITALE

aprile 2015

arcVision n. 31 è dedicato alla Rivoluzione Digitale e ai suoi effetti nella vita degli uomini del terzo millennio. Uomo vincitore o vinto? Innovazione tecnologica come straordinaria leva di crescita economica e sociale o causa di alienazione e spersonalizzazione dell’individuo? Assistiamo a una trasformazione del concetto di lavoro e di impresa che necessita di una ridefinizione dei modelli produttivi e organizzativi.

1 Cover arcvision 31

Digital

“II mondo è sempre più liquido. L’economia si sta dematerializzando. E anche io non mi sento così solido”. Parafrasando una celebre frase di Woody Allen, ecco emergere – se si accetta un po’ di dissacrante humor – i contorni della post-rivoluzione informatica, con la nascita della ‘società dell’informazione’ che sta modificando i paradigmi che hanno retto fino a ieri lo sviluppo ereditato dalla rivoluzione industriale.

Venti anni dopa le ‘information superhighways’ lanciate da AI Gore e dal Rapporto Delors che suggeriva i passi da fare verso il XXI secolo per sovrapporre al determinismo tecnologico la necessità della formazione continua e della conoscenza in una società definitivamente globale, ci si confronta su come la conoscenza digitale (una incredibile e inarrestabile elaborazione di ‘0’ e ‘1’) sia divenuta un fattore decisivo della produttività e dello sviluppo, tale da condizionare ogni attività dell’uomo contemporaneo. Come scrivono Erik Brynjolfsson e  Andrew McAfee del Center for Digital Business del MIT in The Second Machine Age: Work, Progress,  and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies, siamo entrati in una seconda età delle macchine, “Inaugurata dalla Rivoluzione industriale, la prima età ha vista le macchine aiutarci a rimuovere i limiti al potere dei nostri muscoli, cambiando il mondo fisico. Nella seconda età stiamo facendo la stessa cosa con la forza del nostro cervello, con l’attività cerebrale. Sia la prima che la seconda età delle macchine hanno avuto enormi effetti sulla crescita economica. La prima è stata davvero la più importante evoluzione della storia umana quanta a miglioramento degli standard di vita, e pensiamo che anche la seconda avrà un impatto simile sull’economia”.

La trasformazione  digitale è un fenomeno  globale inarrestabile che, come ogni tecnologia, crea e distrugge occupazione.  E, se molte funzioni verranno  soppiantate  dalle macchine, altre nuove professioni si affermeranno. Istituzioni, governi e imprese sono chiamati a rivedere il concetto stesso di lavoro imparando a muoversi alla stessa velocità dell’innovazione. Nuovi contratti sociali rispettosi della dignità dei lavoratori, sostegno all’imprenditorialità per la creazione di nuove attività e nuova occupazione, investimenti nel capitale umano attraverso la scuola e la formazione continua.

Le ‘nuove macchine’ potranno prendere il posto della forza-lavoro umana finendo col rappresentare un pericolo permanente di disoccupazione tecnologica? Stiamo per entrare nell’epoca della “Fine del Lavoro” teorizzata da Jeremy Rifkin nel 1995? Dispositivi intelligenti, tecnologici e iperconnessi finiranno col minacciare la centralità dell’uomo come principale attore dei processi produttivi? I ‘Big data’ che sempre più vanno ad affollare i ‘cloud’ della conoscenza diffusa saranno davvero in grado di generare ulteriore benessere e sostenibilità dello sviluppo economico e sociale? La sfida è alla prova dei fatti nelle nuove strategie organizzative e relazionali. II raggiungimento di un maggior grado di felicità, l’ambizione ultima del genere umano, è la risposta ancora da verificare.

Del resto, come ha scritto Kevin Warwick, professore di cibernetica  all’Università di Reading, da qualcuno definite “il maggior profeta inglese dell’era robotica”, Deep Blue sarà anche stato il primo calcolatore a vincere una partita a scacchi contro un campione del mondo in carica, ma si rivela comunque meno intelligente. Garry Kasparov infatti “sa” di aver perso, mentre Deep Blue, che ha solo elaborate in modo più efficiente ed efficace la sequenza di combinazioni di ‘0’ e ‘1’, non “sa” ancora di aver vinto.

ARCVISION-MAGAZINE

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