Mao Harada – Nominees arcVision Prize 2016

Mao Harada (Giappone)

Mao Harada si sente parte della prima generazione di architetti giapponesi consci dei limiti intrinsechi del modernismo e, in quanto tale, concepisce l’architettura e la città non come l’esito di una sequenza logica e univoca di ragionamenti ma come un organismo complesso e talvolta anche contraddittorio, sempre non determinista.

Mao Harada (Japan)

Con il Mount Fuji Architects Studio, fondato con Masahiro Harada, sviluppa una serie di lavori nei quali i principali parametri dell’architettura – la geometria, la meccanica strutturale, i materiali e la costruzione – scaturiscono dal costante confronto con due grandi entità: la “natura” e la “società”. Nel progetto di recupero di un complesso ex-industriale sulla costa di Seto a Fukuyama, Hiroshima (2013), l’estesa superficie piana del tetto del principale edificio residenziale è trattata come uno spazio pubblico, con grande sensibilità urbana. www14.plala.or.jp/mfas/mfas.htm

VISION DELLA CANDIDATA

“Dialogo” tra “sostanza“ vecchia e nuova.
Non concordo con l’affermazione, secondo cui “la città è il problema e l’architettura la risposta”.
Un tale punto di vista è un prodotto diretto della teoria dell’Architettura Moderna e, in quanto tale, esercita una grande influenza nella formazione architettonica contemporanea: quali sono i problemi che affliggono le città? Quali risposte può fornire l’architettura? La scuola ci educa secondo questo metodo nell’approccio alla professione. La capacita di giudizio dello studente si forma sulla base di questo meccanismo concettuale e razionale, fatto di domanda e risposta. Esso possiede un’indubbia validità, se limitato all’educazione accademica. L’architettura su carta, priva di attributi materiali reali, rimane a un livello di astratta purezza, che le consente di offrire risposte teoriche valide ai problemi posti dalla città.
Diverso è però il caso dell’architettura reale. Infatti, dal momento in cui impone la propria “massa” e diventa un oggetto costruito, l’architettura concepita come una pura risposta, poi realizzata, non è mai in grado di superare l’equazione “città=problema”. Proprio perché moltissimi architetti non riconoscono l’evidenza di questo assunto, all’interno del paesaggio urbano continuano a sorgere una gran quantità di edifici concepiti come consapevole applicazione della lezione imparata: “problema-soluzione”. Sfortunatamente, quella che è attesa come una risposta, giusta e legittima, finisce per non essere altro che un deplorevole “tappabuchi” del tessuto urbano. In questo modo, la condizione reale della città è rappresentata in termini astratti, teorizzata e formalizzata all’interno di una serie di sistemi logici, da cui ci si aspetta l’elaborazione di una logica risposta architettonica. 
La nostra è senz’altro la prima generazione che prende piena coscienza dei limiti reali del Moderno e, per quanto possibile, cerca di evitare di affrontare l’architettura attraverso concetti astratti. Per noi la città è in ogni sua parte pervasa di “sostanza”, ma il progetto architettonico è creazione di “sostanza”. Per questo noi cerchiamo di gestire queste relazioni reali per quello che sono, in tutta la loro concretezza. Il legame tra città esistente e progetto non è mai approcciato in maniera unilaterale, come quando si intende fornire una risposta a una domanda, quanto piuttosto come un dialogo continuo ed equilibrato tra vecchia e nuova “sostanza”.

DATI DI PROGETTO

SETO

Località: Fukuyama, Hiroshima, Giappone
Tipo d’intervento: nuova costruzione
Uso dell’edificio: residenziale (aziendale)
Periodo di costruzione: ottobre 2011 – marzo 2013
Riconoscimenti: 2014  JIA Chugoku Architecture Award 2014, Award of Excellence •  2014  Nichijiren Architectural Award, Award of Excellence •  2014  Iconic Award (GER), I Premio•  2014  LEAF Awards, Residential Building of the Year (Regno Unito), Multiple Occupancy, I Premio•  2014  German Design Award 2016 (Germania) Winner •  2015  14th Yoshinobu Ashiwara Award

Un intervento residenziale, per una società attiva nel settore della cantieristica, lungo un declivio che guarda la bella e calma baia di Seto, dove piccole isole sembra galleggino sospese. Oltre a fornire alloggio a 37 famiglie, il progetto aspira a rivitalizzare la locale città industriale.
La città si distende su una ripida collina. Sulla cima ci sono i boschi, a valle l’oceano. La mancanza di territorio pianeggiante priva la comunità degli spazi pubblici necessari per incontrarsi e organizzare eventi. Proprio sfruttando il dislivello naturale abbiamo tentato di creare uno spazio pubblico attraverso gli strumenti dell’architettura.
Il progetto consiste in una struttura residenziale su tre livelli, che per metà è in aggetto sulla vallata. La terrazza, da cui si gode una meravigliosa vista della baia di Seto, è accessibile direttamente dalla strada che corre sul lato nord, ed è concepita come una piazza aperta al pubblico sulla copertura della struttura. Al di sotto dell’aggetto c’è poi un ulteriore spazio pubblico protetto dalla pioggia.
Due ampi pozzi di luce, che rimandano alle case scavate nella roccia della tradizione cinese, alloggiano i percorsi verticali di accesso agli appartamenti. Essi consentono il passaggio di aria e luce all’interno di un corridoio centrale altrimenti buio, e migliorano significativamente l’illuminazione e la ventilazione degli ambienti che vi si affacciano.
La forma, che si rifà a uno scafo in attesa della celebrazione del proprio varo, non è semplice design. È una figura che incarna l’equilibrio vero dell’autonomia architettonica, che va incontro alle esigenze della città, dell’ambiente, della struttura e dell’economia, e che si comporta come una nave, un oggetto che trova nell’”equilibrio” la propria identità.

Credits Mount Fuji Architects Studio

TREE HOUSE

Località: Itabashi, Tokyo, Giappone
Tipo d’interventonuova costruzione
Uso dell’edificio: Private residence
Periodo di costruzione: aprile 2009 – ottobre 2009
Riconoscimenti:  2010  RECORD HOUSES Architectural records (USA) •  2010  Annual Residential Space Award •  2010  Modern

Questa è la casa per una coppia di giovani editori, in una tipica area residenziale della zona nord di Tokyo.
Il lotto è incuneato tra le case vicine, che lo circondano da tutti i lati. Aprire la casa in senso orizzontale appariva dunque difficoltoso. In genere, lotti di questo tipo escludono la realizzazione di case per abitazione, proprio a causa della scarsità di luce e di privacy. Ciononostante, questo lotto scuro possedeva un potenziale unico: la sua “tendenza centripetal”, dovuta alla limitatezza delle prospettive orizzontali.
Conseguentemente, come sistema geometrico, invece del classico piano cartesiano, abbiamo elaborato un sistema di coordinate polari dalle regole estremamente semplici. Ogni trave in legno lamellare è ruotata di 11,25 gradi rispetto alla precedente, e ogni profilo è 55 mm più alto del successivo. Il risultato è una costruzione fortemente razionale che richiama la struttura di un grande albero. L’ambiente principale è suddiviso in quattro ambiti spaziale da un pilastro centrale a forma d’albero. Ciascun ambiente è caratterizzato da altezza e quantità di luce specifiche. Il passo successivo è stato quello di immaginare quali potessero essere gli usi più adatti a ciascuno spazio: per esempio, l’ambiente più alto e ben illuminato è adatto a ospitare la zona pranzo, quello più basso e confortevole è invece ideale per dormire. Gli abitanti di questa casa potranno scegliere il loro spazio preferito autonomamente e non sulla base di una definizione a priori degli ambienti con nomi e funzioni.

Questa vecchia canzone esprime molto coerentemente e in maniera semplice la mia idea:

“Sotto l’ampio albero di castagne
Sedevamo tu e io
Oh come eravamo felici
Sotto l’ampio albero di castagne”
(UNDER THE SPREADING CHESTNUT TREE)

Io mi domandavo se saremmo stati in grado di realizzare lo spazio che prende vita in questi versi all’interno della città di Tokyo.
Solo adesso ricordo che lo spazio diviso per mezzo di una sola simbolica colonna centrale è molto tipico in Giappone. Molte case antiche lo utilizzano. Forse questo spiega perché le anziane signore del quartiere apprezzino così tanto questa casa contemporanea. La geometria ha trasformato il tetto in una interessante terrazza. In condizioni come questa è in genere piuttosto difficile creare dei giardini comodi. Qui, sul tetto, c’è una terrazza aperta e assolata.

Credits Mount Fuji Architects Studio

VALLEY RESIDENTIAL BUILDING

Località: Sizuoka, Giappone
Uso dell’edificio: residenziale
Periodo di costruzione: 2010 – 2011

Una nuova topologia.
Il lotto è lungo e stretto: 50 metri di lunghezza che si sviluppano lungo l’asse nord-sud, per un massimo di 5 metri di larghezza, e che in due punti si interrompono formando una spezzata. Situato al centro di un’importante città, capitale di una prefettura, è circondato da una stretta maglia di edifici in cemento armato di altezza medio-alta , costruiti secondo rigide normative antincendio. Il lotto si presentava con le sembianze di una valle stretta tra montagne di edifici residenziali. Noi abbiamo tentato di interpretare la esistenti caratteristiche urbane come un paesaggio nel quale poter dar vita a un ambiente ideale, dal punto di vista qualitativo, e questo a partire da un’architettura capace di migliorare le caratteristiche topologiche dell’area.

Il nostro approccio progettuale è stato semplice. Tre tratti di pareti in robusto calcestruzzo armato di diversa altezza, basso, medio e alto, sono inseriti l’uno dentro l’altro, in maniera tale da adattarsi all’insolito profilo del lotto, sottolinearne le somiglianze con la forma di una valle, e delimitare un ambito spaziale idoneo a ospitare una residenza stabile. Una struttura transitoria, attraverso cui si applica una nuova tipologia all’ambiente permanente circostante e si offre protezione, dal rumore e dagli sguardi esterni, alla vita che si svolge all’interno, riuscendo a massimizzare tuttavia il limitato passaggio della luce dall’alto. L’orientamento nord-sud offre la possibilità di aprire tre aree esterne dalla forma allungata. L’interno, intonacato di bianco, ha un andamento a spezzata, in cui la sezione intermedia funge da cortile di luce contenente una bassa vasca d’acqua, con gli ambienti della casa disposti ai lati. Gli ambienti sono deliberatamente non-finiti. Queste “estremità sfilacciate” producono due zone vuote in cui si intersecano tre diverse aree funzionali della casa. Quello che in questo modo si percepisce è un effetto di espansione, che si contrappone all’angustia del lotto. La sovrapposizione di queste aree separate crea una varietà di sequenze spaziali, dando seguito all’impressione di trovarsi in un passaggio attraverso una valle.

Inoltre, gli “sfilacciamenti” che caratterizzano le estremità degli spazi, rappresentano il controcanto alla corporalità delle masse di cemento che li fronteggiano, facilitandone in questo modo l’integrazione nello spazio stesso. Attraverso la sua fisicità e la sua essenza, il senso del “luogo” pervade i contorni degli ambienti interni, ne avvolge gli spazi vuoti e li completa, e stabilisce una “variabilità” ambientale all’interno della quale si introducono quelle funzioni che non possono essere supportate da ambienti neutri, offrendo forse agli abitanti una sensazione di agio e attaccamento alla casa che rafforzal’orientamento psicologico all’interno di essa. Gli sfilacciamenti interrompono lievemente i confini del lotto, così come le differenze tra esterno e interno, suscitando un’atmosfera di presenza condivisa tra gli abitanti. Quest’architettura, che non cerca di prendere le distanze dalla città circostante, possiede una limpidezza d’animo che le sue “estremità sfilacciate” contribuiscono a rivelare.

Al mio ritorno in questa casa, per realizzare un photo shoot a un mese dalla fine dei lavori, ho notato un uccello selvatico intento a bagnarsi nella piscina del cortile. Sembrerebbe che per un uccello l’architettura prodotta dall’uomo non sia poi differente da una trespolo tra le montagne rocciose o un ruscello giù a valle. La questione determinante è se essa sia un “luogo positivo” o meno. Cosa che è fondamentalmente vera e analoga per gli esseri umani e per qualsiasi altro essere vivente. Per noi, il significato di ogni spazio aperto dipende dalla riconoscibilità sociale che lo caratterizza, e per questo può mutare col mutare della cultura. Ma il riconoscimento istintivo di un “luogo positivo” si conserverà nel tempo nella sua universalità, a meno che non soggiungano mutamenti di natura psicologica. In quel preciso istante ho realizzato che quello che stavamo cercando era una “nuova topologia urbana”, che non sarebbe soltanto un contenitore per uno “spazio” aperto, ma un “luogo” generatore di vita.

Credits Mount Fuji Architects Studio

XXXX HOUSE

Località: Yaizu,Shizuoka, Giappone, 2003
Tipo d’intervento: nuova costruzione
Uso dell’edificio: atelier
Periodo di costruzione: marzo 2003 – settembre 2003
Riconoscimenti: 2003  SD Review, Grand Prix •  2004  American Wood Design Award, Honor Award •  2007  international works •  2007  The Barbara Cappochin Prize for Architecture(ITA), Best

L’automobile è l’avversario da battere.

Un giorno un cliente viene da noi e ci offre un accordo: vuole un atelier utilizzabile anche come galleria espositiva per le sue creazioni in ceramica, che realizza per hobby. Così iniziamo il nostro progetto con un budget totale di soli 1,5 milioni di Yen (11.000 Euro), che il cliente aveva originariamente risparmiato per l’acquisto di una Toyota Corolla berlina. 1,5 milioni di Yen: una somma ridicola per intraprendere qualsiasi genere di progetto architettonico. Ma tutto sommato una discreta somma da investire in altro modo. Sufficiente per esempio a comprare una roulotte con un lussuosissimo sistema di condizionamento, navigatore satellitare e vetri elettrici. Emerge però una questione. Siamo sicuri di poter tradurre in maniera adeguata il denaro in qualità dell’architettura? È perfino possibile che oggetti che incarnano bellezza e razionalità possano nascere in un universo architettonico come il nostro, altamente specializzato e socialmente definito? Questioni come questa ci hanno tenuti occupati per anni. Questo è il motivo per cui siamo stati così tanto attratti dalla piccola somma offertaci. Battere nel valore un’automobile attraverso un’accurata analisi del circuito chiuso dei prezzi dell’industria architettonica; dar vita a un oggetto dalle caratteristiche profondamente razionali e sensate interpretando l’intera struttura architettonica come un oggetto semplice…Il motto di questo progetto è: “utilizza al meglio 1,5 milioni di Yen e l’architettura sorpasserà l’automobile”.

Credits Mount Fuji Architects Studio

BIOGRAFIA

Sagamihara, Prefettura di Kanagawa, Giappone, 1976

Mao Harada è nata in una zona residenziale della periferia di Tokyo. È cresciuta in una tradizionale casa di legno giapponese, come altri edifici di Tokyo, non particolarmente spaziosa. È questo il luogo in cui, fin dall’infanzia e sotto la guida del padre (un progettista di antenne paraboliche), inizia a realizzare le prime opere per una società, così come a riflettere sul suo proprio ambiente, costruire e poi restituire all’ambiente. La conoscenza reale delle cose e la passione per una produzione costantemente rivolta all’ambiente diviene in questo modo la basa fondante della sua carriera d’architetto.

Nel 1999, subito dopo la laurea presso lo Shibaura Institute of Technology, frequenta un laboratorio sugli aspetti organizzativi della costruzione architettonica con materiali tradizionali, portando avanti attività di educazione artistica per adulti e bambini. Nel 2004 fonda il MOUNT FUJI ARCHITECTS SUTDIO, con Masahiro Harada. Numerosi sono i progetti architettonici che realizza grazie a una profonda comprensione della raison d’etre dell’architettura, delle “esigenze della natura”, e delle “esigenze della società”, in termini di geometria, meccanica strutturale, materiali e costruzione.

Il progetto XXXX, tra le prime realizzazioni, impiega una geometria continua definita da un profilo a X. Un’architettura elegante, nata da un’ingegnosa risposta a limitazioni temporali e finanziarie. Anche la Tree-House testimonia la profonda consapevolezza dei materiali, derivata dalla combinazione tra amore per la natura e razionalità. Il focus posto sugli aspetti organizzativi, già evidente nei primi progetti, è riconosciuto universalmente dall’industria architettonica, e costituisce la premessa di fondo per l’efficienza dei progetti a grande scala. Ad esempio, la sua capacità nel guardare alla radice delle cose si afferma come l’elemento chiave per dirimere le diverse questioni che emergono nel corso dell’elaborazione progettuale.

Queste caratteristiche sono ulteriormente sviluppate e applicate nell’esplorazione della relazione che l’architettura instaura con ambiente e società nelle opere più recenti: SETO, Shore House, la struttura in corso di realizzazione concepita come riattivazione della cultura locale (un negozio, un luogo d’incontro, uno spazio di sosta e un caffè). Attualmente è impegnata in progetti di architettura non convenzionali, come il piano di ricostruzione a seguito del terremoto di Tōhoku, del 2011, e un product design che faccia uso di tecniche tradizionali.

 

Spread the word. Share this post!

Leave A Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.