Tania Concko (Paesi Bassi)
Francese di nascita ma olandese di adozione (fonda il suo primo studio ad Amsterdam nel 1997), Tania Concko concepisce l’architettura come una parte di città, ponendo sempre in relazione le specificità del singolo progetto con le dinamiche più ampie che integrano programmi multipli, vari tipi di habitat e diverse atmosfere e densità.
Le sue principali realizzazioni, insieme a Pierre Gautier, riguardano così grandi isolati residenziali, che connettono la dimensione urbana con la più piccola scala dei dettagli costruttivi e con l’attenta scelta dei materiali. Lavori come il complesso Terres Neuves Nord & Blocs B1 – B3 a Bègles, Bordeaux (2016) o ILOT PS1 SUD a Lione (2010) mettono in scena nuove forme di urbanità: qui il linguaggio stesso degli edifici si relaziona direttamente con la forma dello spazio pubblico, concepito sempre come un luogo fluido e ad alto scorrimento dei flussi. I concetti di “strada” o di “piazza” assumono così un significato nuovo, che si alimenta di volta in volta con le diverse attività che le attraversano. www.taniaconcko.com
VISION DELLA CANDIDATA
‘Ogni volta, dimostra in modo inequivocabile come sia possibile collegare città e architettura, città e abitazioni, spazi di vita e spazi pubblici… È attratta dai contesti urbani intesi come singolarità assertive, sociali e geografiche, e offre risposte contemporanee alle sfide urbane.’
Sylvie Groueff, giornalista di «Exposition TANIA CONCKO» / 2009 Arc en Rêve Centre d’Architecture / Bordeaux
“COSTRUIRE PER DARE SIGNIFICATO…
Costruire è un atto di impegno… Per me è il cuore stesso dei processi che portano al successo dinamico dei quartieri. L’impegno è inseparabile dall’equilibrio dei ruoli e delle figure che partecipano alla costruzione di una città: la pubblica amministrazione, i privati, gli urbanisti, gli architetti e tutti gli altri soggetti coinvolti. Come dobbiamo rispondere alla mutazione dei territori, se vogliamo trascrivere gli sviluppi significativi e la fantastica evoluzione compiuta dai nostri modi di vivere, sperimentare, lavorare e divertirci negli ultimi dieci anni? Se vogliamo che sia la sostenibilità a creare le condizioni per una società solidale e una qualità della vita migliore? Riflettendo su questi obiettivi, pensando prima di tutto alle persone e, tramite i progetti urbani e architettonici, creando un’immagine della comunità contemporanea e di come sarà in futuro. I progetti devono integrare programmi, atmosfere e densità diverse, tipi di habitat differenti, relazioni ricche e complesse tra gli elementi di questi programmi, spazi collettivi che partecipano alla dinamica urbana e una crescente appropriazione degli utenti e un uso residenziale. Creando case per le metropoli del futuro da inserire in quartieri nuovi o già esistenti, immaginando soluzioni abitative capaci di offrire una qualità di vita reale e integrarle in una visione di quartieri urbani misti e diversificati. Creando “valore” in territori a volte trascurati perché allagati, industriali o di passaggio, ma anche creando convivialità, gioia di vivere, qualità della vita, diversità sociale… La città, l’architettura, non dovrebbero negare le difficoltà e le limitazioni, ma piuttosto trasformarle in opportunità. Esiste un ideogramma cinese che riassume perfettamente questa attitudine, perché significa sia “crisi o pericolo” sia “opportunità”: Wei-chi…”
DATI DI PROGETTO
TERRES NEUVES NORD & BLOCS B1 – B3
Località: Bègles, Bordeaux Metropole, Francia
Tipo di intervento: riconversione urbana di un quartiere costruito negli anni ’60 – Urbanistica, spazio pubblico e progetto architettonico Eco-Quartiere BBC (basso consumo energetico) RT 2005
Destinazione d’uso dell’edificio: urbano: 3,6 ettari B1: 49 unità abitative (4.300 m2) e 800 m2 di negozi B3: 34 unità abitative (2.800 m2) e 400 m2 di negozi
Periodo di costruzione: urbana: 2007 – 2016 B1: 2007 – 2015 B3: 2007 – 2016
Riconoscimenti / Pubblicazioni: International limited competition / progetto vincitore
Il progetto Terres Neuves a Bègles nasce da una visione sulla mutazione della città in seno alla metropoli di Bordeaux per accettare “il corso delle cose”, che in questo caso significava la demolizione delle torri esistenti per consentire il passaggio del tram attraverso Bègles e aprire ad altre possibilità. Il sito, un quartiere degli anni ’60 chiamato “Cité Yves Farge”, è il capolinea del tram che arriva da Bordeaux e, attraversando le barriere costituite dai viali principali della città, raggiunge Bègles. La richiesta era di effettuare una ristrutturazione urbanistica del capolinea del tram partendo dallo schema esistente, che in modo abbastanza tradizionale stabilisce l’arrivo del tram intorno alla piazza, rafforzando le barriere tra Bordeaux e Bègles. Abbiamo risposto con un progetto che in parte deviava dai requisiti richiesti. Ci sembrava importante cambiare un futuro radicato in un passato tradizionale e iniziare a scrivere una nuova urbanità.
Abbiamo considerato le barriere non come l’ingresso in città, ma come un’articolazione territoriale. Volevamo vedere la piazza in modo mobile, non statico. Non volevamo pensare agli spazi pubblici secondo un’ottica classica bensì secondo prospettive più tangenziali di sequenze urbane che aprissero una gamma di possibilità e ci permettessero di progettare la piazza non come un luogo circoscritto, contornato da edifici, ma piuttosto come una “piazza in movimento” su cui sono adagiati gli edifici. Questo concetto ci sembrava il più indicato a un cambiamento radicale. Infine, abbiamo affrontato in modo diverso la questione delle condizioni urbanistiche: invece di rielaborare nuovi lotti di spazio vuoto e di grandi dimensioni, privi di densità, abbiamo scelto di reinterpretare la compattezza di Bordeaux.
Tutto ciò ha forgiato una nuova immagine, un nuovo modo di guardare alla città di Bègles. Questo atteggiamento è nato dalla constatazione che il sito di Yves Farge era completamente integrato nei flussi cittadini. Era un’area per la quale era previsto l’ampliamento della tangenziale che unisce Bordeaux alle città circostanti, come Bègles. Abbiamo capito che Bordeaux non doveva più essere considerata una città, ma una metropoli. L’articolazione urbana a cui stavamo lavorando avrebbe giocato un ruolo determinante, diventando uno strumento prezioso di questa mutazione territoriale. La ristrutturazione doveva inoltre rispettare alcuni vecchi quartieri della città, perché quando si compie un passo avanti, è importante non dimenticarsi del passo precedente…
“Cité Yves Farge” era un’area urbana trascurata. Ci siamo chiesti quale sarebbe stato il modo migliore di intervenire e di migliorare il quartiere. Potevamo collegarlo alla sua storia e nel contempo vedere il corso degli eventi in modo diverso? Non sarebbe stato sufficiente modificare lo spazio pubblico. Dovevamo anche considerare l’uso del luogo e preservare le diverse atmosfere che caratterizzavano il quartiere e lo rendevano vivo. Come potevamo passare da Yves Farge a Terres Neuves, approdare a una nuova urbanità e guardare in modo diverso quegli edifici anni ’60? Non era sufficiente operare una semplice ristrutturazione degli edifici, dovevamo coinvolgerli in una metamorfosi formale, dal momento che il nuovo quartiere prendeva forma da spazi definiti, dimensionati con precisione e plasmati secondo forme urbane specifiche. Attraverso il loro ampliamento, gli edifici sarebbero stati pienamente associati alla mutazione del quartiere. Quando si riflette sullo spazio pubblico, il pensiero dominante sono i programmi. Quali sono i programmi che creeranno passaggi, luoghi e animazione? In che modo i programmi, in base al loro attento posizionamento, genereranno luoghi urbani e piazze, con intensità e usi differenti? E infine, quale sarà la relazione armonica tra tutti gli elementi? Questa parte del progetto urbano è una delle più importanti. La Piazza di Terres Neuves è il programma principale di questa operazione e abbiamo voluto che avesse una scala territoriale. Non volevamo che la piazza fosse attraversata da autobus e automobili, ma solo da tram, per conferire un vero movimento dinamico a questo spazio pubblico unico. L’idea era quella di creare una grande piazza minerale con “pieghe” di cemento bianco; una piazza che modella gli edifici, scivola sotto di loro e ne penetra alcuni, assumendo un significato completamente nuovo. La grande piazza è costituita da quattro edifici, con un susseguirsi di sequenze “in cui scopriamo le cose tramite le transizioni.” Questo progetto architettonico in scala di progetto urbano coltiva una certa ambiguità: si tratta di “una piazza con edifici” o di “edifici con una piazza”, visto il collegamento stretto dei vari elementi? Porosità e fluidità, “come le barriere coralline,” sono il tema di questa strategia. Non potendo svilupparsi in altezza, il progetto sviluppa la densità del “monolite”. Diversi nella forma ma simili per natura, i quattro edifici sono ricoperti di un doppio rivestimento che ha il compito di attutire il rumore e ottimizzare il comfort. La compattezza del complesso è sostenuta dall’inclusione della densa vegetazione.
Fin’ora abbiamo realizzato due edifici compatti destinati a uso residenziale e commerciale lungo il Boulevard Jean Jacques Boscq. Il Blocco B1 ha una facciata a doppio rivestimento creata da un gioco di moucharabieh, pannelli di cemento bianco rifiniti come “coralli”, e vetrate che si aprono come una fisarmonica. Questo aumenta il rapporto e la visuale tra gli spazi interni aperti, gli spazi privati e gli spazi collettivi aperti, nonché la sfocatura dei confini tra gli edifici e gli spazi pubblici e il riflesso delle aree circostanti proiettato all’interno degli edifici. Il Blocco B3 è un edificio particolare, formato da un piccolo edificio triangolare. Era impensabile progettare parcheggi per 34 abitazioni nel seminterrato allagato, quindi, per evitare di costruire i i parcheggi al piano terra e mantenere inalterati il programma e l’interazione con lo spazio pubblico, abbiamo spostato il parcheggio al primo livello. La configurazione triangolare ha permesso inoltre di esplorare tipologie specifiche, tra cui il patio. Ogni blocco è attraversato da una ferita ampia e profonda, nella quale le fronde della vegetazione formano un piacevole pergolato utilizzabile dal pubblico o dal privato. Le logge e le terrazze sospese lungo le facciate posteriori creano ulteriori spazi esterni destinati alla vita quotidiana, arricchiti anch’essi di una vegetazione lussureggiante. Tutti gli edifici che si affacciano sulla piazza sono incastonati in un doppio rivestimento che, con i diversi gradi di dilatazione ed espansione, confonde la nostra percezione del volume. L’indicazione visiva del passaggio tra un piano e l’altro è resa incerta dal sistema a fisarmonica progettato per le finestre, perché si ha come l’impressione che ogni piano si fonda con il successivo in una spinta verso l’alto. Le logge di ventilazione naturale inserite tra i due strati del rivestimento esterno migliorano l’isolamento termico e i tetti sono rivestiti di pannelli fotovoltaici. Proprio come gli spazi pubblici aperti del progetto, anche il design più intimo degli alloggi si ispira ad atmosfere cangianti e a sequenze visive contrastanti. Gli ampi corridoi e le sale possono essere facilmente recuperati per creare uno spazio abitativo extra. Gli appartamenti sono orientati verso le vivaci attività della città o la tranquillità dei giardini interni. Ogni edificio ha numerose uscite ed entrate che sostituiscono la sciocca linearità di tanti progetti di edilizia abitativa con un approccio dinamico ispirato alla ricca diversità della vita. Il nostro approccio rimane sempre lo stesso, indipendentemente dalle dimensioni del progetto, «dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo», questo è il motto alla base delle nostre scelte.
ILOT PS1 SUD / LYON CONFLUENCE
Località: Lyon Confluence, Lyon Metropole, Francia
Tipo di intervento: progettazione in un nuovo quartiere pilota ambientale 1 dei 3 progetti europei selezionati per il Programma CONCERTO (50kw/h/m²/anno)
Uso dell’edificio: 9.900 m² di superficie netta 121 unità abitative – spazi abitativi condivisi
Periodo di costruzione: 2007 – 2010
Riconoscimenti: International limited competition / Progtto vincente PRIZEWINNER PYRAMIDES D’OR 2010
Pubblicazioni: AMC (FR) Hors Série / Housing 2011 « FORO Casablanca » La femme et l’architecture contemporaine. De l’Afrique à l’Europe / ARTWEEK de Casablanca, Marocco 2012 Architecture Interieure CREE (FR) n°341 2009
Lyon Confluence è un paesaggio naturale mozzafiato che sorge alla confluenza del Rodano e la Saona, a Lione. Su questo sito, l’urbanista ha progettato un piano generale per convertire un deserto ferroviario in un nuovo quartiere altamente sostenibile. Ha proposto un quartiere capace di integrare i problemi dell’acqua e la mutazione dei territori. Il vincolo è dato dalla densità dei lotti che si affacciano su questo paesaggio estremamente forte, denso, onnipresente… Anche se la densità costruita è molto alta, garantisce l’equilibrio tra il paesaggio e l’edificato, tra il pieno e il vuoto. La magnificenza del paesaggio racchiuso tra le colline e i due fiumi è predominante. Il nostro obiettivo era quello di giungere a una fusione con questo paesaggio di verde e acqua. Come avremmo dovuto procedere per rompere le masse costruite e incorporare il paesaggio negli edifici, per farli scomparire del tutto?
Il nostro approccio è stato quello di un’architettura di riflessi che si fondono nel “Grande Paesaggio”.
In questo lotto denso, abbiamo immaginato quattro blocchi collegati da un piano interrato adibito a parcheggio e sovrastato da un giardino rigoglioso: tre blocchi si affacciano sul parco e un blocco sul viale. Con questo progetto siamo riusciti a esprimere il concetto di paesaggio al di là dei giardini, riflesso nei percorsi creati dalla distribuzione degli edifici, o nel modo in cui gli atri sono concepiti come grandi spazi, un sorta di giardini d’inverno, offerti con generosità come spazi vitali: non più destinati solo ad accogliere le scale ma veri e propri ambiti di vita collettiva, dove i bambini giocano e gli adulti si incontrano per chiacchierare. Viene spontaneo fermarsi in posti del genere…
Per noi è importante riuscire a concepire le nuove abitazioni collettive in modo che favoriscano atteggiamenti diversi, creino le condizioni per lo scambio sociale, la convivialità, l’affiatamento tra i vicini…
Un altro punto cruciale di questo progetto era che esso faceva parte di un piano generale molto specifico e rivoluzionario dal punto di vista ambientale: nel 2005, Lyon Confluence è stato uno dei tre progetti urbanistici europei scelti per il programma European Concerto, che ha fissato gli obiettivi ambientali per gli edifici a basso consumo energetico…
Su questa base abbiamo progettato il nostro lotto e, ancora una volta, siamo riusciti a trasformare un vincolo in un vantaggio. Abbiamo ricoperto interamente la facciata con un doppio rivestimento, lasciando delle aree cuscinetto tra il rivestimento esterno in vetro, relativamente poroso, e lo strato termico interno. Tra i due strati esistono aree più o meno dilatate che creano generosi spazi extra per gli abitanti. I tre blocchi sono molto particolari: abbiamo immaginato tre blocchi di calcestruzzo solido, con il vincolo delle poche aperture necessarie per rispettare gli standard di “basso consumo energetico”. Intorno a loro, una sorta di “vestito di vetro” fornisce uno spazio circolare e lineare, in continuità con le abitazioni, inondato dalla luce del giorno. Questo è veramente un luogo che si espande e permette un reale utilizzo dello spazio. L’approccio adottato conferisce un senso totale di fluidità alla casa. Nel caso dei “loft” dell’edificio rettilineo, queste aree fungono per lo più da stanza extra esterna protetta. Si tratta di aree di ampliamento il cui utilizzo è in gran parte deciso dagli abitanti. Ovviamente è uno spazio da godere. Gli appartamenti appartengono a diverse tipologie innovative, con volumi generosi, più affacci, disposizioni armoniose e una propensione per la varietà di utilizzo che li rende estremamente adattabili a stili di vita individuali. Gli atri sono spaziosi e assomigliano a giardini d’inverno. Il layout flessibile accentua la permeabilità tra spazi interni ed esterni, con gli alberi che proiettano una luce screziata attraverso le superfici vetrate, in un’armonia giocosa di luci e scintillii. Per creare un’architettura che si fondesse nella magnificenza del paesaggio circostante, abbiamo incorporato le facciate nel paesaggio. I riflessi dei rivestimenti di vetro confondono i confini tra gli edifici e il paesaggio, e nella luce cangiante del giorno, il luogo assomiglia a un paesaggio virtuale, dove gli edifici sono impregnati nel paesaggio.
LOT 1B / EURALILLE 2
Località: vicinanze di Le Bois Habité – Lille – Francia
Tipo di intervento: alloggi intermediari-individuali compatti e raggruppati in un ampio quartiere verde • Eco-quartiere) BBC (basso consumo energetico) RT 2005
Uso dell’edificio: 21 unità abitative: 1500 m²
Periodo di costruzione: 2008 – 2012
Premi: International limited competition / Progetto vincitore
Pubblicazioni: « FORO Casablanca » La femme et l’architecture contemporaine. De l’Afrique à l’Europe / ARTWEEK de Casablanca, Marocco (2012)
Il lotto 1B in Euralille 2 ci ha offerto l’occasione ideale per esplorare le possibilità di sviluppo di un lotto in un nuovo quartiere prescindendo dalle indicazioni del masterplan o dell’urbanista.
Abbiamo pensato che, forse, il progetto urbano non avrebbe dovuto essere limitato dai confini dei lotti. Era possibile creare interazione? Fare in modo che il nostro lotto, l’1B, assomigliasse a un mini masterplan? Era possibile ricreare l’urbanità all’interno dei lotti?
Volevamo creare una micro-urbanità per gli abitanti degli edifici, e nel contempo offrire un certo grado di porosità, con collegamenti e finestre aperte tra i lotti contigui. Il progetto rielabora il concetto urbano della “foresta abitata” e traduce i principi guida per la creazione di un quartiere di abitazioni intermedie, in cui la priorità è data ai panorami e agli itinerari interni ed esterni, per creare una rete di “micro-interiorità” che favorisca gli scambi sociali. È interessante notare che questo concetto ci ha permesso anche di ripensare gli alloggi individuali. Per molti la casa individuale è un “must”. Ma se vogliamo una sostenibilità a lungo termine, non possiamo più costruire case individuali. Dobbiamo però progettare edifici che conservino le qualità delle case individuali: accesso diretto dall’esterno dell’abitazione, grandi spazi, alloggi disposti su due o anche tre livelli, contatto diretto con giardini, terrazze e ampie aree living esterne. Al piano terra, i passaggi interni sono chiaramente identificabili e offrono un facile accesso a diverse parti dell’edificio, mentre i percorsi, i giardini privati e gli spazi comuni, quali ad esempio le piccole piazze e le aree gioco, generano un senso di generosa convivialità, nel rispetto della privacy di ogni residente. Il progetto offre una gamma completa di tipologie abitative, mescolate liberamente tra loro. Un piccolo edificio collettivo, su cinque piani, dialoga con un raggruppamento di case individuali. Ogni casa o appartamento trae dalla trasparenza della facciata il piacere di uno scambio osmotico con le fronde degli alberi, sfruttando appieno la fusione del mondo naturale e del mondo concreto. All’interno di ogni unità, le camere sono disposte in modo semplice e razionale, in sintonia con le esigenze della vita moderna, la flessibilità d’uso e la capacità di trasformazione. L’aspetto multiplo della maggior parte delle camere, con viste aperte sul bosco se non addirittura incursioni nel suo corpo arboreo, crea una ricca varietà di atmosfere cangianti e condizioni di vita spaziose per ogni residente. Terrazze e giardini pensili danno il tocco finale a questo insieme di “aree naturali addomesticate”. Il punto di forza del progetto risiede nel complesso destinato a un particolare spazio collettivo: una grande porta che dà l’idea di una superficie che emerge dalla terra. È possibile accedere alla casa tramite una passerella metallica che attraversa aree densamente coltivate e boschi, dove c’è spazio sufficiente per incontrare i vicini per una chiacchierata o per sedersi all’aperto in una bella giornata di sole. Questo è un luogo da utilizzare. Questo progetto crea spazi amichevoli che aiutano le persone ad abbandonare la visione dell'”homo homini lupus”. Genera un vero e proprio senso di convivialità di quartiere, con quei legami sociali che sono diventati così rari, anche per la mancanza di luoghi adatti. Per noi questo progetto è stato un modo per dare un senso alla nostra architettura…
DE ZAANWERF
Località: Zaanstad, Zaandam, Paesi Bassi
Tipo di intervento: riconversione urbana di un’area industriale lungo il fiume Zaan Progetto di urbanistica, spazio pubblico e architettonico Edifici a basso consumo energetico
Uso dell’edificio: urbano: 3,5 ettari Blocchi 2 e 4: 102 unità abitative e negozi
Periodo di costruzione: 1996 – 2000
Riconoscimenti: ARIE KEPPLER PRIJS NOMINA PER IL MIES VAN DER ROHE AWARD BAUWELT PREIS PRIX DELARUE (MEDAILLE D’ARGENT ACADEMIE D’ARCHITECTURE) PRIX DE LA PREMIERE OEUVRE DU MONITEUR PRIZEWINNER EUROPAN 2
Pubblicazioni: «Techniques & architecture 446 / Housing district 2000
Le tendenze abitative nei Paesi Bassi propendono verso la densa stratificazione di case individuali, ma il nuovo quartiere di Zaanstad è In controtendenza. I lavori di costruzione sono iniziati nel 1991, quando il comune mise a disposizione dei progetti per il concorso EUROPAN 3,5 ettari di aree industriali inquinate e dismesse lungo il fiume Zaan. Tra i due team vincenti, il nostro è stato scelto nel 1993 per un’implementazione del sito.
Dietro l’aspetto di un collage contemporaneo, il progetto di urbanistica non rinnega il passato industriale dell’area. I contorni audaci dei volumi ricordano i mastodonti industriali, ormai quasi estinti, che un tempo dominavano l’orizzonte e si ergevano a barriera tra la pittoresca città bassa e il fronte del fiume.
È stato il riconoscimento del carattere storico della zona che ha convinto la città a programmare una densità abitativa molto più elevata rispetto a quanto previsto al momento del concorso. Invece di rispondere a una domanda relativamente bassa di alloggi individuali, abbiamo scelto l’alta densificazione, in linea con l’eredità volumetrica industriale dell’area e la poetica delle grandi industrie sul lungofiume, dove gli edifici sembrano quasi galleggiare sull’acqua…
Il quesito che ci siamo posti era come effettuare la riconversione urbana di un’area industriale dismessa cambiandone la destinazione d’uso e trasformando il luogo in un’area residenziale senza comprometterne la poetica industriale o le dimensioni degli edifici?
L’altra idea principale era quella di separare i terreni contaminati dalle abitazioni e dallo spazio pubblico utilizzando l’acqua. Per l’edilizia abitativa sono state costruite tre piattaforme, e una quarta piattaforma ospiterà un parco. Le piattaforme sono separate da stretti canali. Verso la città, un nuovo canale accompagna la strada che un tempo era una diga. Il progetto mostra come sia possibile considerare le costruzioni che si affacciano su questi “territori d’acqua” non più come una barriera difensiva contro gli allagamenti a cui questo pezzo di terra era soggetta.
In questo caso abbiamo potuto lavorare “con” il vincolo. È stata anche l’occasione per offrire nuove tipologie abitative, caratterizzate da una forte relazione con l’acqua. Sul lato del fiume, le costruzioni che si elevano per sette piani (più attici) formano un picco. Sul lato della città, i bassi volumi si prolungano in piccoli giardini. Tra i due, un vuoto irregolare forma uno spazio pubblico. Sull’acqua, un sentiero galleggiante costeggia gli edifici fino al ponte sullo Zaan, nel centro della città. Nell’ambito del progetto generale, abbiamo disegnato quattro blocchi di abitazioni, due secondo l’estetica dei contenitori e altri due in mattoni o legno e acciaio zincato, che ricordano i magazzini. Sia dal punto di vista volumetrico esterno complessivo, sia sul piano delle unità individuali, la diversità degli edifici trascende l’estetica di un insediamento banale. Il lavoro dei team di architetti all’opera sulle tre piattaforme è giustapposto. La diversità risponde al nostro brief di progetto urbano, che definisce i profili, le doppie elevazioni con logge o balconi, la trasparenza visiva, i tetti che formano attici e la comunicazione con lo spazio pubblico. La giustapposizione delle immagini e il dialogo incessante tra la strada e il fiume offre un’illusione di spontaneità e di sostenibilità. La conservazione dell’identità del sito era importante per noi. Il complimento più bello ci è stato offerto da un uomo anziano che lavorava in una delle ex fabbriche: “Questi edifici sono moderni ma appartengono a Zaan, alla sua identità industriale”.
BIOGRAFIA
PARIGI (FRANCIA), 24-02-1959
Nata a Parigi, Tania Concko trascorre l’infanzia in Congo prima di iniziare gli studi in Francia. Dopo avere conseguito la laurea presso la Scuola Nazionale di Architettura di Versailles, completa gli studi formandosi come urbanista presso la Scuola Nazionale di Architettura di Parigi-Villemin. Lavora con architetti di fama quali Bernard Huet e Jean Nouvel, caratterizzati da personalità e impegno diametralmente opposti, e infine fonda il proprio studio di progettazione architettonica e urbana ad Amsterdam nel 1997: Tania Concko Architects Urbanists (TCAU). Il primo progetto importante (realizzato in collaborazione con Pierre Gautier) è stato il quartiere residenziale Zaanwerf nei Paesi Bassi, nato dalla trasformazione di un sito industriale di 3,5 ettari affacciato sull’acqua. Il progetto è stato ampiamente pubblicato e ha vinto numerosi premi internazionali, tra cui il “Prix de la 1ère oeuvre du Moniteur« nel 1999. Dal 1998 al 2008 Tania Concko lavora fianco a fianco con Rem Koolhaas: un’esperienza unica che le ha permesso di essere uno dei cinque consulenti selezionati per il “Quality Team” incaricato di trasformare il nuovo centro cittadino di Almere, nei Paesi Bassi. Questo innovativo team di consulenti del consiglio comunale è stato creato per sovrintendere all’attuazione del nuovo piano generale di OMA, e garantire che ne venissero rispettate le intenzioni originali in tutte le fasi, dal concepimento alla realizzazione del progetto. Ricca di un bagaglio di esperienze internazionali che le ha permesso di esaminare in modo approfondito lo sviluppo delle città europee, ha consolidato il proprio approccio basato su “una comprensione critica della realtà urbana”. In o al di fuori dell’Europa, i suoi progetti, le sue attività di insegnamento e di consulenza sono focalizzati sulla città, sulla “vita nei quartieri” e su come l’architettura sia immersa in contesti differenti: paesaggistico, urbano, sociale e programmatico. Nel corso degli ultimi 10 anni, il suo ufficio ha lavorato su molti progetti in Europa, che vanno dalla creazione di immobili residenziali composti da 20 unità di piccole dimensioni fino alle ristrutturazioni su larga scala di siti urbani di 200 ettari. Il suo studio ha partecipato attivamente alla riqualificazione urbana dei principali siti delle aree metropolitane di tutta Europa e non solo, come dimostrano i recenti interventi ad Ajaccio, Toronto, Parigi, Ottawa, Casablanca, Dakar e San Paolo.