Il lavoro e i suoi luoghi. Un’analisi delle condizioni dei mercati occupazionali e delle moderne soluzioni architetturali per luoghi di lavoro sostenibili e di qualità.
Tempi moderni
Dalle risoluzioni del Parlamento europeo alle previsioni dell’OCSE e dell’ILO arrivano segnali preoccupanti sul fronte dell’occupazione. Il mercato del lavoro soffre di forte instabilità in tutte le economie avanzate, e il fenomeno comincia a materializzarsi anche nei paesi emergenti.
Nel suo “Rapporto sul Mondo del Lavoro 2011” l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) osserva che il rallentamento dell’economia globale sta facendo sentire i suoi effetti sul mercato del lavoro non solo nelle nazioni avanzate ma anche in molti paesi emergenti o in via di sviluppo. Per tornare ai livelli di occupazione pre-crisi ci vorrebbero 80 milioni di posti di lavoro nei prossimi due anni in tutto il mondo, ma sulla base delle stime attuali ne verrà creata sola la metà.
L’Economic Outlook dell’OCSE, pubblicato a novembre 2011, parla di “significativo deterioramento” dell’economia mondiale e rivede al ribasso le proprie previsioni sulla crescita elaborate nel primo semestre dell’anno. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parla di “lieve recessione”, ma con una forte tendenza al peggioramento e lancia quindi l’allarme sulla crisi del debito europeo, avvertendo che, se non adeguatamente sottoposto ad azioni correttive, rappresenta un “rischio a livello globale” in grado di mandare in recessione l’intera area dei paesi OCSE. Altrettanto preoccupante il dato sul mercato del lavoro che a settembre 2011 ha segnato il proprio record negativo da giugno 2010 con un tasso di disoccupazione del 10,2% e un numero di disoccupati di 44,8 milioni di persone: fenomeno che tende a trasformarsi da ciclico a strutturale.
L’Unione europea, nel quadro della strategia Europa 2020, ha varato lo scorso ottobre un piano ambizioso per raggiungere entro il 2020 un tasso di occupazione del 75% della popolazione attiva (20-64 anni): un obiettivo intimamente connesso alla crescita economica e alla sostenibilità dei regimi previdenziali e delle finanze pubbliche in tutti gli stati membri. Il voto sulla relazione relativa alla “flessicurezza” è stato un voto importante per la creazione di occupazione di qualità e per il rafforzamento del modello sociale europeo.
Decentralizzazione dei processi di negoziato, tagli fiscali, flessibilità lavorativa, formazione permanente, specializzazione, modelli di contrattazione innovativi e vicini al territorio, welfare interaziendale, mobilità geografica, sono sicuramente proposte prioritarie per tutelare sviluppo economico e competitività. Parlare del lavoro che si rinnova e si dota di nuovi strumenti significa però anche parlare di valorizzazione del ruolo professionale e di tutela della dignità del lavoro.
Dignità che si esplica nell’opera che il lavoratore offre alla società industriale contemporanea e nel riconoscimento materiale e spirituale che ne riceve. Occorre ridefinire il senso del lavoro, fondato non sulla sola logica del profitto, funzionale esclusivamente al successo nel breve periodo, ma sulla dignità legata al concetto di persona. La “persona” lavoratore, ovvero un individuo che nella propria attività cerca una risposta ai propri desideri, al proprio valore e al proprio talento, necessaria e funzionale al bene verso se stesso, verso chi gli sta vicino, verso il lavoro e verso la realtà tutta.
La crisi economica ha smascherato le ambiguità connesse al concetto di lavoro, intrappolato da alcuni decenni in logiche contrapposte di rivendicazione, efficienza e guadagno, e ne ha riproposto una lettura evocativa del suo valore ideale e della sua funzione psico-sociale quale punto di partenza per una buona esistenza, una esistenza degna di essere vissuta. Un lavoro, dunque, in grado di “significare” la vita dell’individuo che nella propria professione incontra il suo essere uomo sia a livello di soddisfazione personale, sia a livello di collocazione nel mondo. E imprese, in grado di riconciliare l’economia reale e l’attività produttiva con la vita lavorativa, relazionale, culturale dei propri uomini.