ARCVISION PRIZE 2016 – LA VINCITRICE E LE MENZIONI D’ONORE

La Vincitrice

Jennifer Siegal
Jennifer Siegal“Innovare e pensare in maniera anticonformistica fa parte del mio DNA. La mia opera e la mia attività di ricerca ne sono una dimostrazione. Attraverso di esse io metto in discussione tutto, in particolar modo l’architettura statica, pesante e poco flessibile che in qualche modo ancora ci aspettiamo, pur in un mondo che è divenuto tutt’altro. Nel 1998 ho denominato il mio studio Office of Mobile Design, alludendo alla mia ossessione per la trasitorietà. Esso si dedica al progetto di strutture portabili, smontabili, ricollocabili altrove, da case a scuole a negozi. Ma esplora anche l’universo della prefabbricazione, sfruttando i processi industriali per creare un’architettura più efficiente e agile. I veicoli su ruota sono una parte importante dell’approccio progettuale dell’OMD, incline a esplorare le modalità in cui ogni ambiente urbano potrebbe essere reso più fruibile e dinamico nel momento in cui si prestasse a essere agganciato, rimorchiato, spinto o guidato da un posto all’altro. Per me mobilità non significa cancellare tutto ciò che esiste, quanto piuttosto incrementare l’infrastruttura in una maniera più sensibile dal punto di vista ambientale – una maniera più intelligente di abitare il paesaggio –, che si poggi a terra con leggerezza. Il mio studio si è guadagnato una buona reputazione non solo per l’attività di ricerca sul campo, ma anche per aver ripensato approcci radicali già esistenti. La mia architettura non è una mera “allusione a un passato fantastico”, come quello visionario delineato da Archigram, Metabolists e Ant Farm. L’utilizzo del vernacolo industriale esistente per creare il nuovo è un elemento chiave del lavoro di OMD.”

La vincitrice, presente alla premiazione, all’annuncio del premio ha dichiarato: “Ricevere l’arcVision Prize è certamente il punto più importante della mia carriera e probabilmente è un momento molto più grande di me. Vorrei condividerlo con le donne che mi sono accanto – e dedicarlo alle donne che nel corso degli anni hanno tracciato il percorso creando uno spazio in cui tutte siamo ormai riconosciute per il nostro lavoro. Ringrazio il comitato di selezione e la giuria; grazie per l’impatto che questo premio avrà sulle future generazioni di donne architetto.”

Le Menzioni d’Onore

Pat Hanson

Pat Hanson (Canada)“Architettura è realizzazione materiale di un’idea. Che la forma costruita sia un’infrastruttura o che offra rifugio a un nucleo di comunità, il progetto deve ambire a innalzarsi, seppur in maniera elementare, oltre il mondano e oltre il mero adempimento funzionale. Ogni progetto comincia da un’idea, o meglio da un’immagine concettuale che deve la sua forma a meditazioni e progetti precedenti, ed è tuttavia legato a doppio filo al mondo materiale o al contesto ambiente del nuovo progetto. Il raggiungimento di un’idea architettonica duratura e rigorosa implica dedizione continua in tutte le fasi del processo costruttivo. L’architettura deve essere vissuta guardando al di là delle consuetudini consolidate, poichè essa è in grado di coinvolgere e trasformare gli usi e i bisogni quotidiani. Dal punto di vista della mia attività professionale, all’interno delle città e del paesaggio canadese, la sfida più formidabile riguarda quella cultura del progetto che si è arresa di fronte al primato del costruire per una funzione. L’architettura deve spingersi oltre questi limiti, alla ricerca di quel momento, nell’elaborazione progettuale, in cui l’idea – ispirata dalla sua consistenza fisica o dal luogo – si rivela in maniera nitida e guida l’attenzione oltre l’abitudine o la rassegnazione.”

Elisa Valero Ramos 

Elisa Valero Ramos (Spain)“Mi interessano gli spazi dell’abitare, il paesaggio, l’architettura per l’infanzia, la sostenibilità, la precisione e l’economicità degli elementi espressivi. Sono più attratta dalla solidità che dalla genialità, dalla coerenza piuttosto che dall’espressione artistica.Mi interessa l’architettura radicata nella terra e nel proprio tempo. Sebbene non sia più alla moda parlare di servizio, io credo che il lavoro dell’architetto rappresenti la quintessenza del servizio, inteso come azione volta a rendere migliore la vita delle persone: una missione nobile che aspira a rendere il mondo più bello e più umano, e la società più giusta. L’architettura non è un luogo di nostalgia; è un lavoro per ribelli. Negli ultimi dieci anni mi sono impegnata in due campi di ricerca. Il primo si concentra su sistemi di costruzione lowcost per edifici che arrivino quasi ad azzerare il consumo di energia. La tecnologia necessaria a costruire case ad alta efficienza è già disponibile, ma troppo costosa per la maggioranza delle persone. In questo senso, stiamo sviluppando un nuovo sistema costruttivo chiamato Elesdopa (acronimo spagnolo che sta per sistema strutturale a doppia membrana), la cui notevole efficienza tecnica ed economica è già stata comprovata. Il secondo riguarda i fattori che alimentano le motivazioni nei giovani. Ricercare il meglio attraverso l’architettura per l’infanzia significa migliorare il loro futuro, ossia il futuro del mondo.”

Cazú Zegers

“Lo studio suggerisce un approccio all’architettura cilena che si estrinseca nella ricerca di soluzioni strettamente legate al territorio, al paesaggio e alle tradizioni costruttive locali. Si tratta di un processo vivo e continuo di riflessione poetica sul modo in cui abitiamo il territorio, che ha come obiettivo la ricerca di nuove forme espressive.  L’idea di considerare la progettazione come l’espressione di un rapporto tra poesia e architettura è stata ispirata dal poema Amereida*, nel quale si afferma che l’aver trovato l’America, e non l’India, fu per Cristoforo Colombo un dono inestimabile, pertanto noi, abitanti dell’America, dovremmo costruire un nuovo linguaggio basato su forme derivanti dal nostro patrimonio “latino”, accettare noi stessi come il fermento di una nuova cultura e dialogare con i paradigmi globali partendo da questa prospettiva.  Cazú risponde all’invito con un “modo leggero e precario di abitare”, ovvero un’architettura a bassa tecnologia ma alto impatto espressivo, in grado di comprendere che il bene più grande del Cile e dell’America Latina è il suo territorio: “Prima di essere un paese, il Cile è il paesaggio” (N. Parra, poeta cileno). Per questo motivo lo sviluppo del Cile dovrebbe fondarsi sul turismo sostenibile, favorito dagli “abitanti indigeni originari”.  Il lavoro di Cazú procede dalla premessa che: “Il territorio sta all’America come i monumenti stanno  all’Europa”. Per questo motivo la sua architettura non è coercitiva, non vuole imporsi sulla natura ma solo arricchirla con amore e devozione.”

*Poema epico collettivo, pubblicato dalla Scuola di Architettura UCV nel 1967

PhotoCredits Hotel Tierra Patagonia: photographers Pia Vergara, Morten Andreson, James Florid, Christian Spies; Casa Soplo: photographer Isabel Fernandez, Ana Maria Lopez + Casa Emeralda: photographer Cristobal Palma; Ruralizzazione di Kawelluco: Casa Carpa – photographer Carlos Eguiguren, Casa Cube, Casa Barn e Casa Cascara – photographer Guy Wenborne.

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