Marzo 2015
arcVision Prize 2015: nella short list 21 progettiste da 16 Paesi, tutti i continenti rappresentati, una fotografia puntuale dell’architettura contemporanea al femminile.
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Raphaëlle Segond – France
raphaelle segond architecte
Marseille
http://www.raphaellesegondarchitecte.com
LA VISION DELLA CANDIDATA
Nel 2000 ha vinto due concorsi insieme a Ricciotti: il Centro Nazionale Coreografico di Aix-en- Provenza e l’ampio salone e il ristorante dell’Università di Luminy. In seguito ha creato la propria agenzia e quelle opere di riferimento le hanno aperto la porta a concorsi pubblici, alla costruzione di impianti e di case e alla creazione di piccoli collettivi, che garantiscono sempre un giusto compromesso tra ideazione e realizzazione. L’agenzia rimane piccola, flessibile e aperta alle collaborazioni, per poter rispondere alle necessità di progetti di grandi dimensioni diversificando le proprie competenze. Nel 2008 ha completato la propria esperienza di architetto con un forte partecipazione a progetti di pianificazione urbana, in particolare con lo studio della strada dipartimentale 559 su Six Fours (diventata Sea Avenue), lo studio per la ristrutturazione e l’ampliamento del Roquevaire Center, lo studio per la conversione dell’area militare Brusc e del sito dell’ospedale Pierrefeu, lo studio di un progetto per “accogliere i bambini di queste parti” lanciato dall’OPAC allo scopo di rinnovare i programmi di edilizia sociale. Nel 2011, insieme a Jean Marc Chancel, ha costruito l’ampliamento della Daumier High School, che ha vinto il primo premio di architettura CAUE 13, presieduto da François Chaslin. Il progetto riguarda lo sviluppo di un’area di cinque ettari e 10.000 m2 di edifici, di cui 6.000 m2 oggetto di un’estesa ricostruzione. Il progetto ha rivelato un impegno che si è confermato poi nel corso di altri progetti: l’apertura sul paesaggio per dare l’illusione di vivere nella natura, la gratificazione derivante dalla relazione tra l’edificio il terreno circostante, che crea un rapporto tra l’uomo e la natura. La continua ricerca di spazi di personalità stimola la memoria. Infine, l’impiego di materiali “antiusura”, che libera gli edifici dall’obbligo della manutenzione. La sistemazione abitativa è la sua principale preoccupazione. La vita in città, in campagna o in qualunque altra area pone comunque le medesime questioni abitative: Come possiamo vivere in simbiosi con l’ambiente? Come possiamo vivere a proprio agio in spazi ristretti? Come possiamo riuscire ad ottenere una bella illuminazione e una vita sana? Lavorare su progetti di abitazione collettiva, di singole case e di pianificazione urbana permette a Raphaëlle di spaziare su più livelli, dai mobili alle città, con l’obiettivo di dare un senso e un contenuto ai suoi progetti.
DATI DEL PROGETTO: LYCEE DAUMIER
Ubicazione
MARSIGLIA FRANCIA
Tipo di progetto
Liceo, in parte in edifici restaurati (6.000 m2) e in parte in due edifici nuovi (3.500 m2)
Destinazione d’uso dell’edificio
MENSA SCOLASTICA, AULE, BIBLIOTECA
Periodo di costruzione
2009 (MENSA)
2011 (BIBLIOTECA E AULE)
Premi
CAUE 13 GREAT PRICE YEAR 2012
MENSA
Il liceo Daumier occupa un grande parco di cinque ettari vicino a un parco del XIX secolo. L’insegnamento si svolge in un edificio costruito tra il 1960 e il 1970. Ai piedi di questo edificio si trova la mensa, sotto un tetto a volta. Costruito nel 1964, il liceo aveva bisogno di essere rinnovato e ampliato per poter ospitare i nuovi programmi educativi e un maggior numero di alunni.
Nel nostro progetto di ampliamento ogni edificio è un paesaggio a se stante che mette in evidenza una vista o la vegetazione esistente: la biblioteca sorge tra i rami di un albero su una strada, la mensa è coperta da un tetto ondulato che ricorda il massiccio Marseilleveyre. La mensa risponde perfettamente alle esigenze: tutti i materiali tecnici sono nascosti sotto il tetto ondulato, che si incurva al centro per illuminare la grande sala.
BIBLIOTECA E AULE
La biblioteca è un grande cubo di vetro. Rimane simbolicamente nel cuore dell’area, a ricordare che l’obiettivo è quello di acquisire conoscenze essenziali. Pur essendo visibile da ogni posizione, rimane comunque protetta: sorge a quattro metri dal suolo, tra i rami di un albero su una strada. La parte coperta del parco giochi è una grande sala sostenuta da colonne circolari e a volte inclinate. Questa foresta di colonne garantisce la stabilità della costruzione e la collega al tetto.
Da un lato le facciate sono aperte sulla vegetazione, e dall’altro sul massiccio Marseilleveyre; per non impedire la vista le scaffalature sono basse. È un paesaggio di libri alto un metro. Le volte della mensa sono rivestite di piastrelle e vetri che ricordano un vecchio mercato coperto.
L’edificio scolastico, che corre parallelo all’altro lato attraverso gli alberi, è privo di ornamenti e mostra la struttura in cemento.
Le grandi finestre sono protette con veneziane tubolari nere che ricordano delle ciglia. All’interno, in ogni aula troviamo tracce di vita domestica che consentono di distinguere un’aula dall’altra (carta da parati, i colori del soffitto…)
DATI DEL PROGETTO: MAISON BEAUVALLON
Ubicazione
GRIMAUD (83) FRANCIA
Tipo di progetto
Casa individuale di 250 m2, con una stanza a parte nel giardino (container restaurato)
Destinazione d’uso dell’edificio
Casa
Periodo di costruzione
2011
Premi
Candidatura all’ARVHA women architecture come progetto originale
A un primo sguardo questa casa assomiglia a un muro di sughero che divide il sito in due, lungo una diagonale tracciata da nord a sud, per creare un giardino sulla strada dove si apre l’entrata e un giardino laterale, sulla valle, protetto dal vento e dai suoni della strada. A Beauvallon le pendenze hanno il compito di proteggere la vista e consentire il passaggio della luce del sole. In realtà, le case sono disposte in file sfalsate, con una linea di vista verso mezzogiorno. Tre metri sopra il punto più alto del sito, giusto di fronte all’osservatore, appare il Mar Mediterraneo. Vedere il mare dal soggiorno e dalla piscina era una richiesta fondamentale del cliente. Così, a questa altezza, in un bosco di querce e corbezzoli, abbiamo creato un soggiorno con vista mare dal quale è possibile raggiungere la piscina, racchiusa tra due pareti di sughero. Il resto è abbastanza semplice: cemento, vetro, alluminio e acciaio grezzo sono gli unici materiali utilizzati in questa casa. Il calcestruzzo per la struttura e i pavimenti; le pareti sono realizzate con tavole di legno e i pavimenti sono stati lucidati. Porte e armadi sono di legno e le facciate comprese tra gli elementi strutturali sono in acciaio e vetro.
DATI DEL PROGETTO: VAL PRE VERT
Ubicazione
MIMET, nei pressi di Aix en Provence
Tipo di progetto
Centro salute che ospita 50 bambini per soggiorni di lunga durata per trattare il diabete e l’obesità
Destinazione d’uso dell’edificio
50 posti letto in 25 camere, aule, mensa, cinema e home cinema
Periodo di costruzione
Terminato nel giugno 2014
Cinquant’anni fa la vecchia casa fu trasformata in scuola, ma in seguito venne trascurata. Trenta anni fa, a fianco della vecchia casa ormai in rovina venne costruita una clinica molto più grande. Gli alberi – castagni, cedri del Libano, querce e platani – c’erano ancora, ma quando siamo arrivati della casa era rimasta solo la facciata principale, che abbiamo deciso di mantenere e di farne il punto di partenza di una nuova storia. Il lato sud è ancora in piedi, e farà parte della nuova creazione, perché si trova in una posizione ideale ed è circondato da splendidi alberi. Nel nostro progetto il giardino viene riformulato, la terrazza prolungata e il casale prolungato con un corpo solido. Le sue dimensioni sono adeguate a quelle della vecchia casa di campagna. Il nuovo solido è il doppio del vecchio. Fratelli gemelli… Un terzo corpo solido è costruito come un edificio argine che ha il compito di sorreggere l’ampliamento della terrazza. Il corpo è ricoperto di piante. Si tratta di una collina vissuta, dove trovano posto le camere doppie. Il progetto comprende un totale di venticinque camere e servizi comuni. Come in una grande guest house che si riconnette a sensi e ai piaceri dell’infanzia, il rumore dell’acqua riempie il giardino. Gli spazi sono voluttuosi e ricchi di atmosfera. Le dimensioni e le attrezzature rendono possibile l’insegnamento, le prove o l’organizzazione di laboratori d’arte visiva in un’atmosfera “casalinga”.
BIOGRAPHY
04 june 1966 MARSEILLE, FRANCE
In 2000, she won two competitions in co‐contracting with Rudy Ricciotti: the National Choreographic Center of Aix-en-Provence and the big hall and restaurant of the University of Luminy. In this way, she created her own agency. Those reference works led her to public competitions, to facilities building and, at the same time, to house building and to the creation of small collectives aimed at ensuring always a fairly shared work between conception and realization. The agency stays small, flexible and open to partnership. So that it can be renewed and answer to a larger project diversity while diversifying its skills. By 2008 she had completed her architect experience through a strong engagement with urban planning, in particular studies involving the French departmental road 559 in Six Fours (now Sea Avenue), the restructuring and expansion of Roquevaire centre, the conversion of the Brusc military area and of the Pierrefeu hospital site, and also a child housing project launched by the OPAC, the French public housing office. In 2011, together with Jean Marc Chancel, she built the Daumier High School extension, a project awarded with the Grand Prix d’Architecture of CAUE 13, with François Calin as jury president. The project involves the development of a five-hectare area and a total built surface of 10 000 m2 of which 6000 m2 of heavy rebuilding. This project reflects and reveals the site owner’s commitment: the solid opening on the large landscape creates the illusion of living immersed in nature, the praise of a “skin and bones” architecture combined with the research of an elegant expression of structures, to recount the relationship between the building and the ground and the roping down a load in the earth, and so that everyone feels in relationship with nature. The search for a strong personality of the spaces to animate memory and the use of materials that acquire a patina over time allow the buildings to look fine even without any maintenance.
Myriam Soussan – Morocco
Archibionic Myriam Soussan et Laurent Moulin architectes
Souika, Ancienne Médina
http://www.archibionic.com/
LA VISIONE DELLA CANDIDATA
Nella società consumistica odierna, anche l’architettura è diventata un bene di consumo la cui pratica è orientata verso un approccio commerciale. Questo determina uno stile di vita e progetti convenzionali, spazi abitativi nei quali le persone hanno difficoltà a identificarsi e a trovare un senso, modalità costruttive e procedure operative che stanno distruggendo il nostro pianeta. Queste osservazioni mi hanno condotto all’architettura che realizzo oggi, nella quale l’approccio cibernetico si basa sulla relazione tra gli elementi di un sistema armonioso (in equilibrio). Gli elementi devono essere più semplici possibile sul piano formale e costruttivo, ma devono essere in grado di instaurare relazioni complesse gli uni con gli altri. L’obiettivo è ottenere diverse combinazioni formali aumentando le possibilità conciliabili di correlazione tra i componenti. Il risultato è un sistema architettonico dinamico, scalabile e potenzialmente contenente molte configurazioni spaziali. Dopo anni di ricerche, di prove e di proposte, questi principi hanno dato vita a due progetti autosufficienti al 100% (autonomi), per la costruzione di sorprendenti aree funzionali e ricreative a costi contenuti. Questa prima fase fondamentale permette di considerare la possibilità di una città autosufficiente e le conseguenze di questo approccio radicalmente bioclimatico preannunciano un nuovo modello di vita urbana, in armonia con i cicli della natura.
DATI PROGETTUALI: Centro di documentazione e informazione del Liceo Descartes
Luogo
Rabat Agdal Marocco
Tipo di progetto
Nuova costruzione
Uso dell’edificio
Centro di documentazione e informazione per studenti e classi.
Periodo di costruzione
2010 – 2011
Dopo aver esaminato il luogo e in risposta alle richieste del cliente di un edificio bioclimatico con una forte identità spaziale, abbiamo optato per un’architettura seminascosta e furtiva, sfruttando la pendenza naturale del territorio. L’espansione volumetrica circostante e le barriere visive così create ci hanno condotto a un approccio minimalista e di intervento artistico sul territorio, con scorci aperti sul lato esposto a sud. L’edificio basso si estende su un unico livello e si protende verso nord-est e nord-ovest verso due collinette, rassomigliando a un enorme piatto bianco sospeso su una protuberanza del terreno. Sopra questa struttura molto statica sono installati dei grandi deflettori mobili che si spostano a seconda del clima. La struttura ha l’aspetto di un tempio del sapere, incastonato al suolo, aperto verso il cielo, centripeto e intimo. Nel punto in cui la pendenza aumenta, il progetto si erge oltre la collinetta esistente prolungandola grazie a grandi lastre di pietra bianca disposte come una scalinata, sovrastata da una sovrastruttura metallica che ricrea un’agorà concepita per ospitare gli studenti. In questo progetto, tutti gli spazi sono organizzati in anelli concentrici intorno a un cortile con un giardino. Il primo anello è composto dalle aree di lettura e di lavoro e dà sul cortile. Il perimetro e il secondo anello servono da spazio per la circolazione principale; un terzo anello ospita le esposizioni di libri, opere e materiali di lettura, e gli spazi rimanenti, chiusi, sono organizzati in un ultimo anello. L’intero progetto è caratterizzato da un approccio bioclimatico che ha portato alla scelta specifica di un’architettura seclusa, che rappresentava la soluzione più conveniente dal punto di vista tecnico e della resa finale. Da qui, la scelta di processi tecnologici di medio tenore come muri di Trombe e tetti in vetro con coperture rotanti, perfettamente integrabili con le caratteristiche locali, con costi contenuti e manutenzione semplice.
DATI PROGETTUALI: TIG3: abitazione urbana indipendente
Luogo
Rabat medina Marocco
Tipo di progetto
Trasformazione
Uso dell’edificio
Abitazione
Periodo di costruzione
Marzo 2011, maggio 2013
Abbiamo deciso di sperimentare un nuovo concetto di abitazione basato sull’autonomia totale e abbiamo, quindi, sviluppato la prima residenza urbana indipendente dalle reti cittadine di Rabat (Marocco). Questa prima fase fondamentale permette di considerare la possibilità di una città autosufficiente e le conseguenze di questo approccio radicalmente bioclimatico suggeriscono un nuovo stile di vita urbana, in simbiosi con i cicli della natura. Situato nella città antica di Rabat, questo riad è stato completamente trasformato in un luogo adatto alla vita e ai comfort moderni. Questa dimora di 200 m² è concepita secondo regole precise: autonomia, rispetto dei cicli naturali (ciclo dell’acqua, della materia organica, dell’energia), compattezza e modularità. La difficoltà principale era riuscire a riprodurre, su piccola scala e con un processo accelerato, i cicli della natura combinando i vari meccanismi per la lavorazione dei cicli in un’architettura che puntava più a integrarsi piuttosto che a nascondersi. L’aspetto innovativo di questa struttura non riguarda solo il lato tecnico, ma caratterizza anche la strategia di occupazione dello spazio. La sua flessibilità permette uno stile di vita realmente “nomade”, compatibilmente con le esigenze domestiche: possibilità di modificare la destinazione d’uso delle stanze o di ridurre gli spazi a seconda della stagione e del numero di occupanti. Grazie a un fermo principio di molteplicità delle funzioni di ogni elemento, della loro combinazione gli uni con gli altri e della loro mobilità e convertibilità, questa abitazione permette un’ampia gamma di composizioni spaziali, a seconda dei desideri individuali, rendendo l’architettura un’estensione dell’essere umano. L’indipendenza in merito a energia, cibo e acqua è un fattore di stabilità a livello internazionale e riguarda tutte le persone del mondo. In questa residenza, l’uomo è un tutt’uno con il mondo e con i suoi cicli naturali, semplicemente perché l’architettura opera nello stesso modo, vale a dire in un ciclo chiuso.
DATI PROGETTUALI: “Felfla”, piccolo albergo indipendente.
Luogo
Litoranea d’Agadir Arganeraie de Tamanar, Marocco
Tipo di progetto
Trasformazione
Uso dell’edificio
Albergo
Periodo di costruzione
2011 – 2013
Questo piccolo albergo nella foresta di Argan, è isolato all’interno di un ecosistema molto arido (200 mm di precipitazioni). Abbiamo scelto questo tipo di ambiente per dimostrare che l’autosufficienza si può ottenere ovunque, integrando la logica dei cicli naturali. L’albergo dispone di cinque camere da letto, una sala, una cucina, due toilette compostanti, due aree con docce e lavandini, un patio e una piscina. Un orto contiguo fornisce le verdure. Con una falda freatica situata a 300 m di profondità, tutto il fabbisogno d’acqua viene soddisfatto con la raccolta dell’acqua piovana in due cisterne interrate. Le acque grigie vengono completamente riciclate in acqua per l’orto grazie a un sistema di irrigazione automatico. Il compost (prodotto dalle toilette compostanti e dai rifiuti organici della cucina) è l’unico fertilizzante utilizzato nell’orto. Dal punto di vista architettonico, quando è chiuso, l’edificio ha l’aspetto delle abitazioni tipiche della regione, cioè un cubo squadrato bianco. Tuttavia, mano a mano che si apre, rivela pareti sempre diverse nel loro aspetto. L’edificio funziona come un grande mobile con tanti cassetti: imposte spesse, tettoie, cabine per le toilette, ponte mobile, tavoli e panche. Tutti questi elementi ruotano, si spostano, si aprono o si inclinano per creare varie configurazioni spaziali. In alcune fasi di mobilità, la stessa architettura non è più riconoscibile: varia continuamente in base alla disposizione d’animo degli occupanti. Non è più l’immagine di sé stessa, immobile nella visione inequivocabile del progettista, ma diventa l’immagine di chi la sta usando in quel momento. Allegra e funzionale, questa architettura non si accontenta di ospitare le persone, le interroga, le fa reagire e infine le fa sentire vive.
BIOGRAPHY
17 October 1974, PARIS (FRANCE),
Born in Paris from a French mother and a Moroccan father, I lived there until the age of eight. Then, I moved to Morocco where I stayed two years in Kenitra and eight in Rabat, where I got my baccalaureate (High School Diploma) at the French Lycée, in 1992. I left Rabat for Paris to study architecture and entered the Architecture School of Paris Belleville where the teaching, too academic, did not convince me. I decided to quit for Paris’ Special School of Architecture (ESA) where a real passion for architecture is born. It is also there that I met Laurent Moulin who was preparing his Diploma at that time. Through him, I had the chance to be immediately immersed in a creative effervescence by rubbing shoulders with students in their graduation year. I prepared my Diploma between Paris and Lisbon where Laurent worked as Architect on the Vasco de Gama’s bridge and where I was intern for a short period. Upon obtaining my graduation in Architecture (DESA) in March 1999, I immediately worked as an independent architect in Paris thanks to an order I got for three projects. Once these projects finalized, and still deeply interested in earth architecture, Laurent and I decided to leave for Morocco end of 1999. We worked in architectural Agencies in Rabat, but soon set up our own Agency and, in 2002, began to compete in a series of national and international competitions winning many awards. In parallel, we did subcontracting missions for large Agencies, rehabilitation of several Riads (traditional Moroccan houses) in the medina of Rabat, small projects and research on autonomous habitat. In 2009, we won the competition for the construction of the Center of Documentation and Information (CDI) of the French Lycée Descartes in Rabat. We realized a bioclimatic building including Tromb walls and mobile deflectors. Years 2011 to 2014 were largely devoted to the realization of two personal autonomous projects: an autonomous house (off the city networks) in the medina of Rabat and a small hotel off grid in the South of Morocco. 2015 will be devoted to the project design of an autonomous building that will be presented for funding and implementation to institutions and people interested in such a project.
Kerstin Thompson – Australia
Kerstin Thompson Architects
Melbourne
http://kerstinthompson.com/
LA VISION DELLA CANDIDATA:
La possibilità di trarre opportunità civiche è la motivazione principale dell’opera di KTA. Sia essa un’abitazione privata o un edificio pubblico, l’architettura civile consente di stabilire relazioni significative e collegamenti tra persone e luogo. Il valore consiste nel contributo alla situazione, dal punto di vista costruttivo, ecologico e culturale, nell’ambito di un tutt’uno più ampio. Una risposta alla riduzione dell’architettura a semplice icona nella modellazione delle nostre città, i nostri progetti intendono mettere in primo piano l’atto dell’abitare e la gioia dell’occupazione. I nostri progetti dal carattere solido, generoso, orientato ai materiali e formale sfruttano l’architettura come strumento di potenziamento delle peculiarità spaziali del luogo, costruendo l’identità e il vissuto locale.
DATI PROGETTUALI: Monash Universitiy Museum of Art (MUMA)
Luogo
Caulfield, Victoria, Australia
Tipo di progetto
Riutilizzo adattivo
Uso dell’edificio
Galleria d’arte
Periodo di costruzione
Marzo 2009-ottobre 2010
Premi
2011 AIA Marion Mahoney Award
2011 AIA Public Alterations & Additions
2011 IDEA Awards for Institutional Interior Design
Al piano terra di un edificio modernista degli anni ’60, situato nel Campus Caulfield dell’Università di Monash, il progetto del MUMA e del relativo piazzale della scultura presentano opportunità di scambio tra il programma interno tipico del museo e la vita quotidiana del campus e dell’intera comunità.
Il progetto unisce i dipartimenti di Arte e Design e Belle arti con l’introduzione di una copertura lungo il lato meridionale del MUMA, la quale rafforza un importante passaggio pedonale tra questi dipartimenti e ospita l’insieme dei servizi meccanici essenziali per il controllo climatico all’interno delle gallerie. La decisione di posizionare i servizi all’esterno, nella copertura, ha consentito di ottimizzare l’area interna del piano, ponendo una soglia tra l’interno e l’esterno, quindi definendo l’entrata, e creando un generoso spazio veranda per eventi esterni e per le aperture straordinarie del museo. La linearità della copertura amplifica la delicata curva dell’edificio esistente, che viene ulteriormente accentuata con l’introduzione della nuova facciata di vetro nero inchiostro che riflette il panorama circostante. Le numerose vetrate di questa facciata offrono ai passanti viste direttamente nel museo e all’interno, verso il cortile della scultura, nonché una luce naturale alle gallerie meridionali. La geometria radiale dell’edificio esistente sembrava incompatibile con l’idea del curatore sulla flessibilità spaziale e sulla neutralità relativa, solitamente ottenute con scatole nere o cubi bianchi. In che modo il nuovo progetto può funzionare dal punto di vista economico e strategico con le idiosincrasie dell’edificio, per raggiungere l’idea del curatore? Abbiamo risolto il dilemma introducendo una serie di linee parallele in piano, orientate da est verso ovest, che ordinano l’interno e il paesaggio abbinato. Dovendo rapportarci ai limiti di budget o alla propensione al mantenimento della difficile struttura esistente, abbiamo progettato una spina di circolazione lineare che assorbe e accentua le colonne radiali centrali, formate da due pareti parallele che fiancheggiano la spina per creare gallerie rettilinee, prive di colonne. Immaginata come uno spazio informale, interstiziale, la spina funge da armatura dietro le quinte della galleria, espone i servizi necessari al mantenimento della stabilità climatica e la struttura di legno posta dietro agli spazi della galleria neutri (per contrasto) e sgombri. Le gallerie sono riprodotte in diverse scale per accogliere una serie di prove artistiche e itinerari del curatore. La presenza di numerosi angoli nasce dall’unione tra la geometria nuova e quella esistente. All’interno delle gallerie, i fasci radiali esistenti presentavano un’ulteriore sfida al contenimento dell’espressione architettonica; ora compongono la parte del soffitto, ne dettano l’altezza e formano un elegante ritmo ondulatorio integrando l’impianto di illuminazione e i sistemi di sollevamento entro un controdettaglio della fessura negativa. Il progetto del MUMA è un contributo al dibattito corrente sulla relazione tra architettura e arte. Abbiamo risposto soppesando momenti di espressione architettonica ad altri di relativo silenzio.
DATI PROGETTUALI: Abitazione a Hanging Rock
Luogo
Heskett, Victoria, Australia
Tipo di progetto
Nuovo
Uso dell’edificio
Residenza privata
Periodo di costruzione
2011 – 2013
Premi
2014 AIA National Awards: Robin Boyd Award 2014 AIA Awards: Harold Desbrowe-Annear Award
Questa abitazione organizza lo spazio interno, esterno e il sito allargato (di prossime piantagioni) attraverso una serie di fasce parallele, che prende forma nell’abitazione e nel paesaggio circostante come pareti in calcestruzzo progettato in direzione est-ovest e, comprese e definite da queste, tre terrazze, sfalsate in piano che degradano lungo una leggera diagonale. La terrazza superiore forma la suite matrimoniale, comprensiva dei servizi in camera e l’area studio/soggiorno. La terrazza centrale, la più ampia delle tre, è destinata al soggiorno, con cucina e sala da pranzo. Quella inferiore è multifunzionale, per studio e ospiti. Nel punto di sovrapposizione delle tre, gli spazi più piccoli associati alla terrazza superiore e a quella inferiore diventano parte dell’area living, per dare l’idea di uno spazio maggiore. La zona pranzo si trova nel livello centrale dei tre e può aprirsi verso la terrazza di nord e sud per fungere da passaggio coperto in estate. La disposizione formale della casa incastona vedute attraenti, con Hanging rock in lontananza e boschetti in vicinanza, in particolare a sud e ad est. Le pareti in cemento parallele formano corridoi visivi longitudinali. In contrasto, le viste laterali vengono determinate “allontanando” determinati pannelli, più marcatamente nell’area pranzo, da cui sono possibili visuali su tutti i livelli. Sono inoltre presenti viste diagonali casuali tra i vari livelli/spazi. Benché sia stato utilizzato un modulo da 2,4 per tutti pannelli delle pareti, diversi da quelli delle finestre, la resa spaziale è decisamente non modulare e dinamica. Il soffitto è un unico gesto indiscriminato, un romboide che crea un elegante forma ribassata lungo la collina. La forma affusolata e la sostanziale sporgenza creano un bordo delicato che sfuma visivamente l’edificio, in parte parete, in parte ombra nel paesaggio circostante. Una tavolozza prevalentemente di calcestruzzo (pavimenti e pareti) che si allineava al desiderio del cliente per un utilizzo brutalista dei materiali in grado di contrastare il rischio di incendi boschivi, molto elevato in quest’area. Il lavoro di falegnameria dell’armatura a strati arricchisce l’effetto, unito al colore nero del soffitto a strati formato, che intensifica i colori del bosco adiacente e crea un interno intimo e protetto. Nel tempo, il terreno circostante sarà riportato al livello ecologico pre-pastorale, tramite piantumazione intensiva di vegetazione indigena.
DATI PROGETTUALI: Warrandyte 16 Hour Police Station, Carrum Downs 24 Hour Police Station, Marysville 16 Hour Police Station
Luogo
Warrandyte, Victoria, Australia
Carrum Downs, Victoria, Australia
Marysville, Victoria, Australia
Tipo di progetto
Nuovo
Uso dell’edificio
Stazioni di polizia
Periodo di costruzione
Giugno 2006 – marzo 2007 Warrandyte
Luglio 2009 – ottobre 2010 Carrum Downs
Giugno 2011 – febbraio 2012 – Marysville
Premi
2011 AIA Public Architecture – Carrum Downs
2013 Regional Award – Marysville
Spiegazione del progetto. Nell’ambito delle nostre municipalità suburbane e regionali, la stazione di polizia è un pezzo vitale dell’infrastruttura comunitaria. Queste quattro stazioni formano, insieme, una rete civica. Benché condividano un programma comune, si distinguono per variazioni della forma, materiale e tipologia della pianta, sviluppano un’architettura sensibile al sito, come un’energia localizzante e plasmante del luogo all’interno dei quartieri. Le prime erano un paio di modeste stazioni di polizia aperte 16 ore in ambientazioni boschive naturali di Hurstbridge e Warrandyte. Entrambe vantano un’impressionante facciata di mattoni smaltati verdi, che rispondevano al “verde” geografico e sociale del contesto. La qualità figurativa di Warrandyte, imposta dala sua forma curva e dal mattonato esterno, rende la stazione piacevole ai locali, presentando la polizia come amichevoli custodi della comunità. La stazione di polizia Carrum Downs è stata la terza e la più grande ed esplora la localizzazione della sintesi generica e l’opportunità che un progetto tradizionale offre all’innovazione. La struttura ospita 70 persone di varie divisioni ed era necessario che fossero organizzate in una serie di zone discrete. Abbiamo ripensato la tipologia di piano standard per ricreare una comunità piuttosto che un’istituzione, e immaginandola come un mini città: un ammasso di elementi programmatici, ciascuno dei quali immaginati come un singolo volume, trattato materialmente come un edificio e contraddistinto attraverso un tipo di mattone particolare. Il programma civico della stazione di polizia quale elemento plasmante del luogo è più evidente nella stazione di Marysville. Nella ricostruzione della cittadina post incendi devastanti del 2009, questa modesta stazione è stata centrale nel ripristino e nella riformazione della comunità. Sfruttando la doppia esposizione del sito, verso Main Street e il lato meridionale del parco Marysville Heart, gli aspetti maggiormente attivi del programma furono infilati lungo questi lati per fornire uno scambio visivo tra polizia e comunità. La forma allungata e bassa della stazione definisce delicatamente il bordo del parco e incornicia le montagne in lontananza. La veranda affusolata rende la strada foriera della polizia, conservando le viste sul parco. Insieme al Centro comunitario, la stazione completa il quadro di un Marysville Heart rigenerato, uno spazio pubblico, creando un legame tra le persone, il luogo e il paesaggio.
BIOGRAPHY
23 October 1965, MELBOURNE (AUSTRALIA)
Kerstin Thompson is Principal of Kerstin Thompson Architects (KTA), Principal of Tasman Workshop, Professor of Design in Architecture at Victoria University Wellington and adjunct professor of Architecture at RMIT & Monash Universities. Located in Melbourne, Australia, KTA was started in 1994 and has established itself as a significant and innovative reference point in Australian architecture and urban design. Kerstin is a writer and lecturer with close links with schools of architecture and professional institutes in Australia and overseas. She plays an active role not only within the profession, but also in promoting quality design in the wider community through her role as Panel member on the Office of the Victorian Government Architect’s Design Review Panel. She was Creative Director for the 2005 RAIA National Conference and the 2008 Venice Biennale and a member of the BEIIC Advisory Committee. Kerstin has also been an elected National Councilor for the Australian Institute of Architects and was elevated to Fellow by the Institute in 2013.
Sofia Tsiraki – Greece
Biris-Tsiraki-Architects
Athens
http://biris-tsiraki-architects.com/
LA VISIONE DEL CANDIDATO
Sofia Tsiraki (nata ad Atene nel novembre del 1970) lavora come professoressa assistente (e dottoranda) nel dipartimento di Progettazione Architettonica in NTUA. Ha vinto primi premi in numerosi concorsi di architettura e i suoi progetti hanno ottenuto diversi riconoscimenti. Il “Modulo casa: una residenza privata e uno spazio per attività culturali in Koukaki” è stato candidato al premio Mies Van der Rohe 2013. Il progetto “La dissoluzione del modulo: un condominio a Gazi” ha ricevuto il primo premio dell’Istituto Ellenico di Architettura 2013 come migliore progetto realizzato nel corso degli anni 2009 – 2013. Ha lavorato come redattrice e coautrice a tre pubblicazioni collettive e ha partecipato a numerose mostre di architettura.
DATI DEL PROGETTO: La dissoluzione del “modulo”: un condominio a Gazi
Ubicazione
Atene, Attica, Grecia
Tipo di progetto
Nuova costruzione
in collaborazione con A. Syriopoulos, S. Zournatzidou, L. Dima
Destinazione d’uso dell’edificio
Residenze private
Periodo di costruzione
2012 – 2013
Premi
Primo premio dell’Istituto Ellenico di Architettura 2013 come migliore progetto realizzato nel corso degli anni 2009 – 2013. Situato nel vivace quartiere di Gazi, il progetto è stato concepito come una dissoluzione dei forti confini di un “modulo” abitativo elementare e la realizzazione di un disegno scorrevole ottenuto grazie all’uso di lastre. La caratteristica di questo progetto multi-alloggio è l’apertura verso l’esterno, per dare vita a una condizione di multi-abitazione estroversa. La dissoluzione del “modulo” è concettualmente articolata con piani verticali e orizzontali collegati tra loro. I piani penetrano la facciata e scorrono come cassetti all’interno dell’edificio per creare gli spazi vivibili. Gli elementi del design si basano su una sintassi architettonica che ricalca la progettualità dei mattoncini “Lego”:
– Calcestruzzo a vista per il sistema di supporto, utilizzato con finalità costruttive ed estetiche.
– Distinzione tra elementi portanti e non portanti ottenuta con l’uso di colori ctonici.
– Tiranti attorno ai quali si articolano con precisione tutti gli elementi progettuali.
– Stratificazione delle varie fasi costruttive, quale ad esempio la sovrapposizione degli elementi leggeri alla robusta struttura di calcestruzzo.
DATI DEL PROGETTO: Locali industriali in Attica
La “Staffa”: punto – linea – superficie
Ubicazione
Kifisia, Attica, Grecia
Tipo di progetto
Nuova costruzione
In collaborazione con A. Syriopoulos, L. Dima, T. Velegraki, E. Aidoni, S. Zournatzidou, G. Anagnostakis, C. Koumantou, M. Chambaloglou
Destinazione d’uso dell’edificio
Locali industriali
Periodo di costruzione
2014 – 15
L’idea principale comprende il profilo energico del progetto che circonda l’impianto industriale e ne definisce simbolicamente l’identità. La linea precisa e pulita del rivestimento esterno dell’edificio si contrappone agli elementi cinetici enfatizzati come parti strutturali principali. Concepiti come punto, linea e superficie, gli elementi strutturali comprendono colonne, travi e pareti portanti regolabili per mezzo di tiranti che creano un design spaziale ed estetico. Entro i confini del design, i tiranti si contrappongono all’eterogeneità di qualità ed elementi spaziali della sintassi architettonica:
– La relazione tra interno ed esterno si esprime nelle superfici verticali, nelle pareti portanti e nelle grandi aperture che organizzano le viste.
– La relazione tra elementi immobili ed elementi cinetici è espressa dalle regolazioni tra le parti del sistema di sostegno e le parti non portanti.
L’edificio è suddiviso in base, corpo e segmenti superiori che seguono le diverse unità funzionali, come ad esempio la linea di produzione (piano terra), gli impianti industriali complementari (livelli intermedi) e gli uffici amministrativi (livello superiore).
DATI DEL PROGETTO: Un museo per Argo
Ubicazione
Volos, Magnisia, Grecia
Tipo di progetto
Partecipazione al concorso
in collaborazione con T. Biris, S. Koumoutsos, Z. Alexandropoulou, M. Chambaloglou
Destinazione d’uso dell’edificio
Utilità sociale (museo)
Periodo di costruzione
(Non costruito)
Il progetto nasce come naturale estensione del suolo, attraverso brevi piani di cemento che creano un primo recettore ctonico. Il secondo recettore è un telaio in legno, con le bancate inclinate proporzionalmente per formare il nucleo espositivo centrale. Come un offset spaziale ingrandito della nave, la costruzione è un elemento protettivo che circonda e si sovrappone. Un “non-edificio” dalla forma sofisticata e fluida, non cartesiana, di una navicella spaziale, che si collega alla forma della nave nella vista superiore e in elevazione. La transizione forma le robuste “fette” di cemento inframmezzate da quelle di legno, in un’architettura a travi che si avvicina gradualmente alla microscala e alla materialità, rivelando la consapevolezza costruttiva caratteristica di Argo. Lo spazio centrale è annesso con mostre supplementari e servizi per i visitatori, mentre una percezione multilivello della nave è ottenuta grazie a una rampa di legno che porta al livello della caffetteria e delle mostre temporanee. Sull’asse dello spazio espositivo, una sala polifunzionale offre un’area di riposo con vista della nave, ed è prevista la collocazione d’una piccola quercia “dodoniana” come simbolo mitologico.
BIOGRAPHY
November 1970, Athens, Greece
Sofia Tsiraki is working as an Assistant Professor (and a PhD candidate) in the department of Architectural Design in NTUA. She has won First prizes in a range of architectural competitions, while some of her realized projects have earned several distinctions. The “House-box: Private residence and space of cultural activities in Koukaki” has been nominated for Mies Van der Rohe award 2013. The project “The dissolution of the box: Apartment block in Gazi” has been awarded with the Hellenic Institute of Architecture First Prize 2013 for the best realized project throughout the years 2009-2013. She has served as editor and contributing author in three collective publications, and participated in several architecture exhibitions.
Michaela Wolf – Italy
Bergmeisterwolf Arkitekten
Bressanone
http://www.bergmeisterwolf.it/start.php
LA VISIONE DELLA CANDIDATA
Per me l’architettura è un processo costruttivo in divenire, una relazione con il paesaggio. Ma è nella comprensione del pensiero e della vita umana che trovo un interesse più profondo. È anche un processo di pensiero collettivo, con il cliente, uno sviluppo, un gioco con le superfici, i colori e le dimensioni, ma anche comprensione dei luoghi e necessità di accettare la location messa a disposizione così com’è. Abbiamo fatto nostra la frase di un architetto sconosciuto: “Tu non costruisci in un luogo, tu costruisci il luogo”. Cerchiamo di inglobare gli elementi costruttivi locali tradizionali, la cosiddetta cultura materiale locale. Guardiamo alla storia in prospettiva del futuro. Materiali e oggetti ritrovati nel luogo di costruzione potrebbero avere un valore speciale e influenzare in seguito il processo di progettazione. Le cose degne di essere preservate vengono riutilizzate e inserite. Durante il lavoro con l’edificio esistente o al suo interno, il nuovo dialoga con il vecchio, sebbene il nuovo resti riconoscibile come tale e reclami la propria posizione. Il nuova struttura rimane e dà forma al paesaggio.
DATI PROGETTUALI: In the rock Vigili del fuoco, Magreid
Luogo
Magreid/Magrè, Südtirol, Italia
Tipo di progetto
Concorso pubblico (2009, Magreid)
Uso dell’edificio
Caserma dei vigili del fuoco volontari
Periodo di costruzione
(2009 – 2011)
Premi
Iconic Awards 2013, Constructive Alps 2013, Dedalo Minosse 2011, Contractworld 2011.
Magreid può essere facilmente descritta come uno spazio piatto e stretto, con vigneti in mezzo a scoscesi pendii rocciosi. Nel 2009, è stato indetto un concorso per la caserma dei vigili del fuoco. Considerando l’importanza dell’agricoltura per la comunità, e la mancanza di terreni disponibili, abbiamo proposto di realizzare la caserma dentro nella roccia, allo scopo di risparmiare terreno prezioso. Sono state scavate tre grandi grotte dentro nella roccia, attraverso il metodo di perforazione NATM. Le grotte principali hanno una sezione trasversale semi-circolare, larga 10 metri e alta 6,50 metri e sono collegate tra di loro da un taglio a croce; all’esterno sono collegate da una parete d’ingresso inclinata e curva, alta 9 metri e lunga 47 metri. Dato che è fatta di cemento, serve anche come protezione dai massi che potrebbero staccarsi dalla parete rocciosa. Un trattamento speciale alla superficie di copertura ammorbidisce la ruvidità del cemento: è stata applicata polvere di carbone di faggio alle pareti appena ingessate con un metodo ad alta pressione, ottenendo un colore particolarmente scuro, simile al legno bruciato. Da questa parete sporgono tre corpi in vetro. Questo è importante sia in termini di luce diurna, sia di risparmio energetico, poiché funziona come una serra. In termini di sostenibilità, anche il posizionamento dell’edificio nella roccia è positivo per il risparmio energetico, poiché la temperatura delle rocce rimane costante sui 12°C tutto l’anno. Nelle zone di ingresso, la struttura interna è stata rafforzata con barre d’acciaio e uno strato di cemento spruzzato; gli interni sono stati realizzati principalmente in acciaio inossidabile, vetro e legno. La finitura precisa dei dettagli contribuisce a dare l’impressione di un’atmosfera di alta qualità, sposandosi con la ruvida bellezza delle rocce. Una delle pareti della sala riunioni ospita un’opera dell’artista locale Christian Kaufmann, e questo contribuisce a rendere la caserma dei vigili del fuoco di Magreid non solo una struttura caratteristica, ma anche un luogo culturale.
DATI PROGETTUALI: A room without a view Hotel Pupp
Luogo
Bressanone, Südtirol, Italia
Tipo di progetto
Concorso per un hotel
Uso dell’edificio
Hotel
Periodo di costruzione
(2010 – 2011)
Premi
Südtiroler Architekturpreis 2011
Questo progetto è nato grazie al concorso per una location importante nella città di Bressanone. Situato nella zona settentrionale della città vecchia, il nuovo Hotel Pupp è diventato negli ultimi anni, una sorta di porta d’accesso per coloro che arrivano in città. Lo scopo principale era quello di chiudere gli spazi costruttivi e creare undici suite. Tenendo in considerazione il contesto della città storica, abbiamo pensato di creare una sorta di scatola privata, con poche aperture verso il traffico della strada e del quartiere, riducendo i vuoti per aumentare il senso di intimità. L’edificio riceve la luce dall’alto sia nelle aree comuni, sia in quelle private, nel cortile interno e anche nelle stanze. La luce inonda l’edificio e produce un senso di calorosa intimità. Dall’esterno, la struttura tripartita ad incastri è rivestita con un intonaco granuloso che richiama molti degli edifici circostanti, ma le facciate bianche e il gioco d’ombre sui volumi le conferiscano un’identità molto forte. Il bianco scorre dall’esterno verso l’interno, dall’apertura sulla piazza al terreno interno del cortile. Tuttavia, negli interni, i tappeti marroni creano un’atmosfera più calda e delicata. Le stanze sembrano un gioco di scatole, in cui il bagno, il guardaroba, la scrivania e il minibar sono tutto in uno, come piccoli gioielli pieni di sorprese. Nel piano interrato, la sala della colazione è illuminata dalla luce naturale proveniente dall’alto del cortile interno, creando un’atmosfera luminosa al mattino. Nell’insieme, dà l’idea di una struttura moderna, possente e determinata situata all’ingresso della città. Nella scelta di questi materiali, una certa atmosfera del passato è ancora percettibile, una miscela tra culto dell’hotel tradizionale e identità contemporanea.
DATI PROGETTUALI: Sloped Structure Pacherhof house
Luogo
Novacella, Südtirol, Italia
Tipo di progetto
Abitazione e cantina per un cliente privato
Uso dell’edificio
Abitazione
Periodo di costruzione
(2013)
Premi
Premio Architettura Città di Oderzo, 2014; Häuser Des Jahres, 2014;
Pubblicazioni su riviste e libri:
Häuser Des Jahres, 2014; Oris, 2014; Architektur Aktuell, 2014.
Sono attese ulteriori pubblicazioni in Italia e all’estero.
Abbiamo progettato questo edificio per un giovane agricoltore e premiato viticultore di Novacella, nella Valle Isarco. Volevamo realizzare una casa che non fosse soltanto un posto dove vivere, ma un ibrido tra una casa e una cantina. L’edificio sovrasta la vecchia tenuta Pacherhof, dove Bergmeisterwolf ha già effettuato interventi di ristrutturazione per un ristorante e un piccolo hotel. La casa è una lunga linea nera di 45 metri che quasi sparisce nel paesaggio. I campi a terrazza sostenuti da muri a secco sono stati costruiti per secoli per rendere possibile l’agricoltura sui pendii ripidi. Ciò dona un carattere molto particolare al luogo, e l’edificio ci gioca, adattandosi perfettamente all’ambiente circostante. Un muro in pietra alla base della casa rappresenta il collegamento con l’ambiente fisico e culturale dei vigneti, mentre il muro superiore nero, con la sua natura astratta e geometrica, rappresenta il distacco intimo delle zone abitate della casa. Dato che l’edificio è terrazzato, si adatta naturalmente al paesaggio. Il vigneto si estende lungo una parte piatta del tetto, realizzando una simbiosi ancora più forte con la natura. Possiamo inoltre affermare che la realizzazione del progetto è stata autoctona, in quanto abbiamo impiegato carpentieri e costruttori del luogo, mentre le querce e le pietre provengono dalla valle. Crediamo di aver generato un forte legame con il paesaggio tipico e l’identità della zona, poiché abbiamo deciso di utilizzare un muro di pietra come elemento costruttivo, ovvero una delle strutture portanti caratteristiche di tutta la valle. Crediamo che con questo progetto siamo riusciti a realizzare un equilibrio positivo tra l’edifico esistente e l’ambiente di montagna, grazie a una straordinaria miscela tra texture tradizionali e moderne nella facciata.
BIOGRAPHY
23rd May1979, Meran, Italy
Michaela Wolf attended for two years the wood carpenters school. This allowed her to work together with her father in his workshop, gaining experience in terms of modelling wood and detailing for wooden constructions. During her studies in Innsbruck, she spent one year in London and Milan as an exchange student; she also lived in Tokyo, New York, and in other areas of Europe, for a shorter time. In 2006, her collaboration with Gerd Bergmeister started. In 2009, they established bergmeisterwolf architekten office, in Brixen and Vienna. Since then, the projects of their practice have been published on many national and international magazines and books. They also received many awards and have been invited to share their competencies and experience in many conferences and workshops both in Italy and abroad. In the years, the office developed a unique approach in dealing with landscape and existing buildings; inspired by a positive dialogue with clients, constructors, and other professionals – like landscape architects and sociologists – they worked on a wide range of buildings, from retail to houses, from workshops to pieces of design, from cellars to hotels. Their friendly relationship with carpenters and clients allowed them to start a profitable experience in creating customized and unique objects for their project. Close interdisciplinary collaboration with other architects, engineers, sociologists and philosophers, and artists, such as Manfred Alois Mayr, has pushed this research even further in the past years.
Rula Yaghmour – Jordan
Yaghmour Architects
http://www.yagarchitecture.com/
LA VISION DELLA CANDIDATA
Essendo nata in una famiglia di architetti, il mio incontro con l’architettura è avvenuto piuttosto presto. Nella mia fantasia di bambina, i disegni che mio padre portava a casa sembravano essere la soluzione a tutti i problemi del mondo. Sono cresciuta col desiderio di progettare la casa di famiglia perfetta, capace di offrire amore e calore ai suoi abitanti. Ricordo che disegnavo scuole, ospedali e parchi verdi che, secondo me, avrebbero cambiato il panorama della mia città. Al college quei sogni utopici si moltiplicarono. Ricordo di avere sempre manifestato un carattere ribelle nelle miei soluzioni architettoniche. I professori solevano dirmi che apprezzavano l’estetica dei miei progetti, ma che per me l’architettura era sinonimo di cambiamento, sviluppo e possibilità di modificare il contesto attorno a me. Tuttavia, crescendo in Medio Oriente, una regione alle prese con problemi politici, economici e sociali, la “realtà” dell’architettura mi colpì duramente. All’inizio progettare mi sembrava un’attività inutile sotto il profilo della concretezza, quasi fosse un’esperienza di avanguardia. La gente non accettava il cambiamento e aveva altre priorità. E così ho creato una strategia di fuga dedicandomi a progetti sociali su piccola scala, per educare le persone al design e alla possibilità di utilizzarlo per lo sviluppo. Tutto questo mi ha permesso di affrontare l’architettura con maggiore consapevolezza. Ho avuto la fortuna di lavorare su progetti che avevano molto da offrire alla società. Per me l’architettura ora è una sintesi complessa di desideri individuali e collettivi; è il contesto, l’adeguatezza culturale e ambientale; è lo strumento tecnologico capace di adattarsi a ogni proposta. Credo che l’architettura debba prendere le distanze dall’ego dell’architetto e dalle sue soluzioni estetiche alla moda, per stabilire priorità diverse, avvicinarsi alla gente e diventare un processo liberatorio.
DATI DEL PROGETTO: Murad Castle Museum (Recupero di un castello ottomano)
Ubicazione
Betlemme, Palestina
Tipo di progetto
Ristrutturazione e riadattamento, riempimenti, recupero, installazioni e mostre.
Destinazione d’uso dell’edificio
Museo
Periodo di costruzione
2011 – 2012
Il castello sorge nello storico sito delle piscine di Salomone a Betlemme, Palestina. Tre grandi serbatoi con una capacità totale di 350.000 mq raccolgono e distribuiscono l’acqua attraverso gli storici acquedotti romani in pietra che pompano la vita nelle città di Gerusalemme e Betlemme. Due sono stati costruiti dai Romani 2.000 anni fa, il terzo è un serbatoio mamelucco. Il sito è stato fortificato con un castello ottomano, costruito per proteggere le piscine sotto il periodo del sultano Murad IV (1622 a.C.), perché l’acqua era una risorsa preziosa. Yaghmour Architects ha lavorato allo sviluppo di tutto il sito storico, rinnovando le piscine e il castello ottomano e costruendo nuove strutture. Il Murad Castle, che una volta serviva da base per i soldati ottomani, oggi ospita una delle più grandi collezioni etnografiche della storia e della cultura palestinese. Il Murad Castle Museum è ricco di oltre 1.500 manufatti preziosi che rappresentano molti capitoli della storia palestinese. È stato importante rinnovare e riabilitare il castello per proteggerlo e preservarlo dalla distruzione; l’intervento è stato eseguito nell’ambito storico in cui si trovava il castello all’inizio del progetto. Il castello è destinato a diventare un museo nazionale attraverso un’interferenza architettonica che contrasta l’attuale, con l’utilizzo di materiali diversi e di mezzi tecnologici contemporanei, per sottolineare la natura dell’intervento. Ogni nuova aggiunta è stata progettata con elementi che la differenziavano chiaramente dal passato. Questo risultato è stato ottenuto mettendo a contrasto il vecchio e il nuovo, il contemporaneo e l’antico. Un rivestimento di vetro avvolge le cinque restanti stanze del castello, che è sormontato da un tetto in acciaio. Gli elementi aggiunti sono leggeri, trasparenti e possono essere facilmente differenziati e smantellati in qualsiasi momento. Yaghmour ha lavorato alla ristrutturazione del castello, alle strutture supplementari, alla concettualizzazione e la progettazione degli spazi interni del museo per mostrare la storia della Palestina, con reperti che vanno dall’Età del Bronzo fino all’era islamica/ottomana, con un piattaforma aggiuntiva dedicata all’arte palestinese contemporanea.
DATI DEL PROGETTO: Media Wall di Amman
Ubicazione
Amman – Giordania
Tipo di progetto
Struttura pubblica
Destinazione d’uso dell’edificio
Parco, piattaforme urbane e schermo multimediale
Periodo di costruzione
2009 – 2010
Il “Media Wall” è un nuovo intervento urbano nel centro di Amman. Il municipio della città ha recentemente ridisegnato la Hashemite Plaza, situata nel centro della città vecchia di Amman, proprio accanto al famoso anfiteatro romano. Il sito è caratterizzato dalla presenza di più stratificazioni, che dall’Impero Romano arrivano fino ai primi insediamenti della moderna Giordania, negli anni ’20.
Tuttavia, l’edificio non è stato ispirato dalla storia ma dal contesto urbano circostante. L’Amman che conosciamo oggi è nata da questo centro, una valle circondata da sette montagne dalle linee topografiche aspre. I primi insediamenti furono costruiti sui pendii, formando bellissimi complessi urbani intrecciati in un tessuto che definisce l’immagine della vecchia Amman. Il progetto crea nuovi tipi di spazi aperti urbani e piattaforme. Uno schermo contemporaneo e innovativo, installato nel cuore stesso della città di Amman, è circondato da piattaforme aeree che amplificano e riflettono il contesto urbano che si trova alle loro spalle. Inizialmente il comune voleva un edificio di servizio per il parco, e quando a Yaghmour Architects fu chiesto di lavorare alla revisione e lo sviluppo della nuova Hashemite Plaza, nel progetto originale mancava un edificio di servizio. La proposta era di creare un edificio che potesse ospitare tali servizi, ma anche di proporre una soluzione urbana per il parco. Le piattaforme aeree in cemento e acciaio richiamano le lastre di Amman sullo sfondo, ma offrono anche un’esperienza urbana. Seduti su una delle panchine dell lastre aeree è possibile godere degli spettacoli musicali proiettati dal muro multimediale, uno schermo moderno che si apre e chiude come un prolungamento della città vecchia.
La costruzione funge da importante elemento urbano di collegamento tra la piazza e la strada soprastante, creando un asse urbano vibrante che permette di salire direttamente utilizzando la lunga rampa oppure gradualmente, utilizzando le piattaforme e le scale per quello che noi chiamiamo il “tipico” passeggio di Amman.
DATI DEL PROGETTO: Moschea Spine di Jumeirah
Ubicazione
Dubai – Emirati Arabi Uniti
Tipo di progetto
Struttura pubblica – edificio religioso
Destinazione d’uso dell’edificio
Moschea
Periodo di costruzione
2009 – 2011
Premi
Premio Arabian Property 2013 – 2014, per la categoria Migliore progetto architettonico di servizio pubblico di Dubai, progetto Moschea Spine
Questo progetto è stato premiato in un concorso per la progettazione di una grande moschea sul tronco della Al Jumeirah Palm a Dubai. La moschea non riflette la tipologia edilizia tradizionale, essendo essa stessa costruita su una struttura visionaria: la Palma di Dubai. Il carattere spirituale è evidente nella luce naturale indiretta che filtra in direzione di Al Qibla, e nella facciata in vetro decorato con motivi islamici orientata verso la Mecca, mentre la luce raggiunge il corpo della moschea. Il concetto è sottolineato dalla presenza di un muro grezzo, costruito con il materiale lapideo utilizzato per la Jumeirah Palm, che contrasta e riafferma l’importanza del muro di vetro e ci ricorda che questa Palma è artificiale, testimoniandone gli sforzi costruttivi. La proposta progettuale non piacque ai funzionari del Ministero degli affari religiosi, abituati alle tipiche architetture pesantemente ornate delle moschee, tuttavia Yaghmour Architects e il cliente insistettero sul fatto che su una costruzione così moderna doveva essere in linea con i nostri tempi e riflettere la tecnologia di oggi. Inoltre, era necessario dare un’immagine moderna dell’Islam in tutti gli edifici che indicasse l’inizio di un nuovo processo di pensiero, ricerca e cambiamento. La struttura in calcestruzzo, realizzata con solo quattro colonne, ha permesso di creare continuità con le linee di preghiera. La cupola è stata progettata sulla base del modello a “pianta” comunemente usato negli schemi e nei disegni islamici, e la complessa struttura è stata formata con membri di acciaio che permettono il passaggio della luce all’interno dell’edificio. L’esterno è rivestito di pietra a secco, un metodo che consente il buon isolamento climatico della costruzione. La luce filtra indirettamente attraverso le vetrate. Oggi questa moschea è una delle fermate del tour turistico di Dubai e i Nakheel non hanno più riserve su una moschea moderna, anzi, ne sono orgogliosi.
BIOGRAPHY
23rd September 1985, Amman, Jordan
Rula Yaghmour, a holder of an Architectural Engineering degree, is the lead designer at Yaghmour Architects based in Amman. She graduated from the Jordan University of Science and Technology (2007). Aside from architecture Rula is interested in the various fields of design and arts. She is a contributor in INTERRUPTIONS, an independent non-profit initiative that enables non-standardized experimentation on architecture, design and culture. As part of this initiative, Rula took part in the preparation of several workshops and exhibitions. Yaghmour has also lectured in Jordan University as a part time design studio lecturer in the year 2012. Today she is a lead designer for several projects at Yaghmour Architects. She is currently working on renovating and rehabilitating the Jordan River Foundation new showroom, a foundation that has initiated numerous socio-economic projects for women, which aim to provide employment opportunities that in turn enhance their livelihoods. Along with some research and planning for a new project in Nablus, Palestine, to create a cultural and heritage center for the city, Rula was the curator/instructor of Design Voices, a project in collaboration with Ruwwad, the Arab Foundation for Sustainable Development. The design workshops focused on liberating the voices of the children of Jabal Al Nathief through design as a tool and a mean of expression to enhance and develop their built environment. She’s also the curator of Gallery 27, an exhibition depicting the story of an architect. Rula is also a member of the Center for the Study of the Built Environment. She’s interested in the community and the challenging built environment where she inhabits and practices her profession.
Zoka Zola – USA
zoka zolastudio for architecture and urban design
Chicago
http://www.zokazola.com
LA VISION DELLA CANDIDATA
Mi piace spaziare da un tipo di progetto all’altro, ma esistono alcuni elementi comuni a tutti i nostri progetti: Integriamo i criteri o le problematiche evidenziate in altre aree, a prescindere da quanto possano sembrare delle limitazioni, perché abbiamo fiducia che alla fine arricchiranno il progetto. E vagliamo attentamente tutti gli elementi, perché vogliamo che ogni progetto sia il più ampio e ricco possibile. Con ogni progetto desideriamo offrire nuove esperienze e creare spazi che permettano alla gente di incontrarsi. Inoltre, siamo spinti dal desiderio di comprendere il giusto rapporto tra architettura e natura. Per ogni progetto dedichiamo ore e ore a equilibrare tutti gli elementi, materiali o non materiali, sperando di infondere vita al progetto. Scrivendo a una giuria di sole donne, mi viene da sorridere pensando a quanto siano tipicamente femminili queste caratteristiche, che per lungo tempo sembravano ossessioni private tipiche delle donne. C’è anche un tratto caratteriale (forse di genere neutro) che mi spinge a pensare in maniera deduttiva e non induttiva: di fronte a qualunque problema o situazione, cerco per prima cosa nuovi punti di vista, poi nuove strategie e solo allora nuove soluzioni.
DATI DEL PROGETTO: Alloggi economici a Rijeka, Croazia
Ubicazione
Rijeka, Croazia
Tipo di progetto
Edilizia sociale
Destinazione d’uso dell’edificio
Residenziale
Periodo di costruzione
2012 – 2014
Questo progetto di alloggi a prezzi accessibili nella città di Rijeka è stato il risultato di un concorso di architettura. La città chiedeva una soluzione urbana per 80 condomini in 3-5 edifici, ognuno sul proprio lotto di recente formazione. Il progetto doveva prevedere inoltre un parco giochi, aree di parco verde, sentieri tagliafuoco e 120 posti auto. Le dimensioni del condominio e di ogni stanza erano specificate e si dovevano applicare i codici edilizi e di zona della città. La topografia del sito assomiglia a un foglio di carta spiegazzata: un’area scoscesa piena di dossi e fossi. Sull’elevazione più alta c’è una piccola palude. L’intero sito era occupato da un fitto bosco con specie diverse. Lo strato superficiale del suolo era molto sottile, coltivato fino a sessant’anni fa, quando l’intera zona era coperta di piccoli pini che crescevano sulla roccia. Per preservare la maggior quantità possibile di soprassuolo, gli edifici seguono i contorni topografici e hanno la stessa altezza delle due strade circostanti. I contorni topografici scelti vengono poi matematicamente interpolati con tre segmenti polilinea che formano un edificio con due “curve” e tre segmenti di lunghezza variabile. I segmenti variabili consentono di programmare in modo flessibile le dimensioni dei diversi appartamenti, mentre le “curve” diventano spazi di circolazione verticale. Anche se il tentativo di salvare il soprassuolo ha avuto successo, non è stato possibile salvare gli alberi e non ne sono ancora stati piantati altri. Il progetto si articola ai margini della città, dove l’habitat umano incontra il bosco. Gli edifici sono posti perpendicolarmente a questo margine, in modo che l’ambiente urbano e il bosco possano fondersi per creare un nuovo tipo di ambiente. La gente usa l’intero sito, a prescindere dal luogo in cui vivono. Gli edifici sono sollevati da terra e nella parte inferiore sono cavi, per rendere l’intero sito e i dintorni fruibili e percepibili. In questo modo, si evitano condomini sotterranei. Gli spazi tra e sotto gli edifici sono di diverso tipo e arricchiti dall’interazione tra la topografia del sito e le configurazioni degli edifici. Le persone camminano sotto e tra gli edifici e attraverso il sito; si incontrano lungo i numerosi sentieri, o sotto gli edifici ai margini del bosco, o sulla grande area di gioco al centro, che è anche il punto più alto e di maggiore connessione con l’ambiente circostante. Per via delle limitazioni poste al progetto, molte parti non sono state eseguite in conformità ai disegni; tuttavia, il progetto è apprezzato dai residenti e dall’intero quartiere.
DATI DEL PROGETTO: Rafflesia House
Ubicazione
Kuala Lumpur, Malesia
Tipo di progetto
Casa unifamiliare a impatto zero
Destinazione d’uso dell’edificio
Residenziale
Periodo di costruzione
2008, non costruito
Siamo stati selezionati per partecipare a un concorso internazionale per la progettazione di un alloggio a impatto zero a Kuala Lumpur, Malesia, che fungesse da vetrina per l’architettura sostenibile a impatto zero in quella parte del mondo. Il progetto vincitore assomiglia (involontariamente) a una rafflesia, il più grande fiore del mondo nonché originario delle foreste pluviali della Malesia. I biologi non sanno quale sia la funzione della rafflesia nel suo ecosistema. Allo stesso modo, l’idea di collocare un edificio all’interno di una densa foresta tropicale ci ha lasciato con una domanda: “Qual è la funzione degli esseri umani nell’ecosistema della Terra?” Abbiamo cercato di trovare il giusto equilibrio tra la relazione dell’edificio con l’esterno e l’offerta di riparo dagli elementi esterni: piante, creature, pioggia, sole, vento o calore. Abbiamo studiato i costumi, le abitudini, le tendenze e la cultura del luogo. Abbiamo progettato questa casa con l’intenzione di capire quali fossero i veri bisogni dell’uomo, senza preconcetti ma senza dimenticare la complessità umana. In collaborazione con gli ingegneri, l’edificio è stato progettato per offrire comfort con una strategia equilibrata e ben orchestrata che utilizza sia i metodi semplici e tradizionali sia le tecnologie avanzate per la generazione di energia, il raffreddamento e il controllo dell’edificio. Nel clima tropicale, l’ombra e il movimento dell’aria sono gli elementi più importanti per il comfort umano, più della temperatura, dell’umidità e dell’abbigliamento. Pertanto l’edificio è racchiuso da pareti concave e convesse, progettate per accelerare il passaggio dell’aria e dirigerlo attraverso percorsi multidirezionali direttamente all’interno dell’edificio. Il sistema di condizionamento dell’aria di Rafflesia house è suddiviso in sette zone indipendenti. In ogni zona è possibile impostare la temperatura desiderata. Ad esempio: una donna incinta raffredda la sua camera da letto a 18 °C, un’altra persona preferisce dormire con le finestre aperte e il ventilatore in funzione, e una terza camera da letto è raffreddata a 21 °C. Cucina/soggiorno/sala da pranzo in questo momento non sono utilizzati, pertanto l’aria condizionata e i ventilatori di quelle aree sono spenti. La casa è stata progettata per essere sfruttata al meglio quando la brezza proveniente da tutte le direzioni la riempie; in queste occasioni infatti gli abitanti della casa sono meno propensi a utilizzare l’aria condizionata.
DATI DEL PROGETTO: Pfanner House
Ubicazione
Chicago, IL
Tipo di progetto
Casa unifamiliare
Destinazione d’uso dell’edificio
Residenziale
Periodo di costruzione
2001 – 2001
Premi
Premio Home of the Year 2003
La casa esplora il concetto architettonico di apertura: passaggi liberi da uno spazio all’altro, simili alle vie respiratorie di polmoni sani, dove i movimenti sono lunghi e calmi. Come possiamo costruire case che rispondano al meglio ai cambiamenti culturali? Perché siamo così inclini a creare delle prigioni per noi stessi? Com’è possibile che la nostra casa diventi una trappola? Come architetto di casa mia, cosa posso fare per non essere imprigionata dai miei stessi limiti? Cosa possiamo fare per lasciare che il tempo faccia il suo corso? Mi chiedo se il desiderio di aprire la propria casa non sia un elemento comune a tutte le donne. La casa è stata progettata per non essere un oggetto da possedere. Quando un edificio si sente posseduto si impoverisce, perché ha una relazione piatta con il resto del mondo. In questa casa, gli ospiti e i padroni di casa sono trattati allo stesso modo. Il bagno per gli ospiti è un luogo in cui l’ospite si sente solo nel centro della casa, in totale privacy. C’era l’intenzione di fornire ambienti semplici e leggeri che favorissero l’incontro tra le persone sia all’interno sia all’esterno della casa. Probabilmente pensavo più gli incontri tra Peter e me che a quelli di altre persone. La casa ammicca a chiunque passi per strada, come se fosse un essere senziente. Di tanto in tanto mi capita di trovare edifici di questo tipo e gli incontri che vi avvengono sono sempre esperienze assolutamente uniche. La casa è una testimonianza del piacere di essere vivi. La terrazza è lo spazio principale del piacere: piacere corporeo, piacere sociale, piacere dato dalla sensazione del trascorre del tempo, piacere regalato dall’aria, il sole e gli alberi. Il bancone della cucina, il balcone e le stanze da bagno sono i luoghi del piacere delle attività quotidiane. Le uscite, gli ingressi, il balcone, il terrazzo sono i luoghi del piacere quotidiano di essere dentro e intorno alla casa. La casa è rivestita di mattoni arancioni, lo stesso colore utilizzato dalla maggior parte degli edifici che la circondano. In questo modo è possibile comprendere più facilmente la differenza tra la casa e gli che la circondano: il suo livello di apertura.
BIOGRAPHY
September 3rd, 1961, Rijeka, Croatia
Zola holds a Master of Architecture degree from University at Zagreb and a Master degree from the Division of Humanities at the University of Chicago. She is a licensed architect in IL USA, UK and Croatia. During her studies of architecture at Zagreb University, Zola worked for studios of Prof. De Feo, Prof. Francesco Cellini, and Prof. Paolo Portoghesi in Rome. She then moved in to London to study at The Architectural Association. After apprenticing at David Chipperfield Architects, Zola established her own studio in London designing small public projects and restaurants while also teaching at the Oxford Brookes University and as Unit Master at the Architectural Association. In 1997, Zola moved to Chicago where she first realized the Pfanner House. The house won the Home of the Year Award as the best house in North America by Architecture magazine and was included in American Masterworks by Kenneth Frampton as one of 43 houses built in the USA in the last 140 years. Her practice’s other work includes three zero-energy houses (one in Chicago and two in Kuala Lumpur), a solar tower in Chicago, two towers for solar thermal power plant in California, construction and hosting of a Web 2.0 open source web site (the first platform for sharing of knowledge about sustainability across cultures and disciplines,) an urban plan for Chicago, a prototype for prefabrication of kindergardens, a zero-energy hostel constructed out of bamboo in Hong Kong, a house in Spain that explores subtle energy of space through its geometry and concrete mix, and affordable housing in Croatia. In Chicago, Zola has taught at The School of the Art Institute, the University of Illinois in Chicago, and at the Illinois institute of Technology where she most recently developed with students a Scenario for the Future of Chicago Based on Technology.